Affrontare il tema della disabilità può essere una barriera da superare. Strano a dirsi quando ci si riferisce a persone che di barriere devono superarne tutti i giorni della loro vita; corretto però per definire un termine, una condizione umana, che riesce ad assumere tanti significati diversi per quante persone si interpellano. Per averne un´idea, noi ci siamo rivolti a chi la disabilità la vive tutti i giorni.

E bastato navigare in rete per qualche minuto; un click ed ecco alcune voci dal mondo della disabilità…

“Ciao sono la mamma di una ragazzina di Danni che non parla, che devo imboccare, che non cammina, e che intellettivamente è rimasta a 2 anni, che devo tirar su dal letto la mattina in fretta e furia per mandarla a scuola, e poter andare a lavorare per le 8. Nessuno può capire quante difficoltà  ci siano a gestire un disabile grave. Vorremmo una mano d’aiuto! Sono una donna di 29 anni e mamma di un bimbo disabile con patologia grave; è effetto da una leucomacia periventricolare (“peri” significa vicino, “ventricolare” si riferisce ai ventricoli cerebrali o ad altri spazi di fluido del cervello, il termine “leucomacia” indica l’ammorbidirsi della sostanza bianca del cervello. La leucomacia periventricolare è in definitiva l’ammorbidirsi della sostanza bianca cerebrale vicino ai ventricoli. Tale ammorbidimento avviene perché il tessuto nervoso, in questa area, è morto, ndr.). Sono in difficoltà, non posso lavorare perché sono sola devo portarlo la mattina presto in terapia poi al nido e sono libera alle 11 di mattina, e alle 16 30 devo tornare a prenderlo al nido; tutto questo da sola perchè il padre non se ne interessa. Cosa devo fare? Chi mi prende a lavorare per sole poche ore? Mi sono messa a fare anche le pulizie avendo alle spalle un mestiere come parrucchiera. Chi ma sa dare un consiglio? Io lo accetto volentieri. Grazie a tutti Veronica.”

Le parole, che in questi casi sono specchio e spezzato di vita vera, di gente come noi, che purtroppo affronta il disagio e le difficoltà tutti i giorni, aprono in maniera forse diversa dall’immaginario comune la nostra trattazione della disabilità. La definizione da dizionario di disabilità corrisponde a: “qualsiasi limitazione della capacità di agire, naturale conseguenza ad uno stato di minorazione/menomazione”.

La “realtà delle carte scritte”, in Italia, considera invalido civile il cittadino di età compresa tra i 18 e i 65 anni (legge 30 marzo 1971 n°118) che ha minorazioni congenite o acquisite anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici e le insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali e da una riduzione della capacità di lavoro non inferiore ad 1/3. Invalido civile è anche il minore di anni 18 con difficoltà a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età (art. 6 dlgs n0509 1988).

Non sono considerati invalidi civili, gli invalidi di guerra, del lavoro o per servizio, i ciechi civili e isordomuti che sono tutelati da norme specifiche.

La legge stabilisce inoltre, in base ad apposite tabelle, il diverso grado di invalidità, in corrispondenza del quale si ha diritto a vari benefici:

  1. 3,33% (un terzo) di invalidità è la soglia minima per essere considerati invalidi e dà diritto a prestazioni proteiche e ortopediche.
  2. Il 46% di invalidità dà diritto all’iscrizione nelle liste speciali per l’assunzione obbligatoria al lavoro.
  3. se si è maggiorenni, con il 74% è riconosciuta la qualifica di invalido parziale, e si ha diritto all’assegno mensile (se non viene superato il limite di cumulo previsto).
  4. Con il 100% è riconosciuta la qualifica di invalido totale, e si ha diritto alla pensione di inabilità; inoltre se l´invalido è non autosufficiente o non deambulante, ha diritto all’indennità di accompagnamento.
  • L’indennità è dovuta durante il periodo di detenzione, in considerazione che in tale periodo, non viene meno l’esigenza di assistenza, a cui il diritto all´indennità è finalizzato.
  • La domanda per il riconoscimento delle invalidità deve essere presentata alla Commissione Medica, istituita presso la Asl di residenza.

Spesso però, la difficoltà maggiore per i disabili non viene dalla mancanza di una legge che li tuteli, ma piuttosto dalla mancanza di strutture adeguate a far si che tutti possano partecipare alla vita sociale attraverso semplici gesti del quotidiano, al chiuso di edifici come nei mezzi di trasporto e per le strade: le barriere architettoniche.

Con questo termine, possono essere definiti infatti gli ostacoli, che limitano e impediscono le possibilità di spostamento o di utilizzo di spazi e attrezzature a individui affetti da diverso grado di minorazione. Storicamente il termine nasce nei paesi anglosassoni e nelle società scandinave, primi popoli ad intuire la necessità di migliorare la legislazione e le norme tecniche già esistenti, per rendere lo spazio urbano e l’architettura degli edifici accessibili a tutti, compresi i portatori di handicap.

Scale soprattutto, ascensori troppo angusti per l’accesso di carrozzine, marciapiedi senza scivoli, pulsanti e rubinetterie inadeguati, tavoli, balconi, creano situazioni critiche, non soltanto per coloro che debbono spostarsi con l’aiuto di una carrozzina ortopedica, ma anche per coloro che invecchiano, da individuare in questo modo come possibili portatori di handicap.

Va detto ad onor del vero che Regioni e Comuni stanno risolvendo nel “pubblico settore” tutte le problematiche che creano barriere architettoniche.

La situazione, che purtroppo tocca cultura e senso civico, cambia e appare sostanzialmente critica, nelle strutture private.