La genetica medica (o clinica) è quel ramo della genetica che si occupa dello studio e della diagnosi delle malattie genetiche. Essa è orientata alla formulazione della diagnosi clinica di malattie genetiche e alla consulenza genetica al fine di valutare l´eventuale rischio riproduttivo per il paziente e la sua famiglia. Il genetista, è anche tenuto a svolgere un ruolo diagnostico e preventivo per alcune delle più frequenti malattie, come quelle cardiovascolari e tumorali

CENNI STORICI

Gregor Johann Mendel (1822-1884) è universalmente riconosciuto come il padre della genetica moderna. Monaco agostiniano ceco-austriaco, condusse i suoi esperimenti tra il 1856 e il 1863 nel monastero di Brno, dove venne a capo dei principi che regolano la segregazione dei geni studiando la trasmissione dei caratteri nella pianta di pisello. Incrociando piante che presentavano delle caratteristiche ben distinguibili (ad esempio fiori rossi o bianchi) e classificando le progenie ottenute concluse che i caratteri fenotipici (ossia le caratteristiche misurabili dell’organismo, come possono essere il colore degli occhi o l’altezza) sono controllati da fattori, in seguito denominati fattori mendeliani e, oggi, geni.

Fu, poi, Frederick Miescher, nel 1871, a isolare dal nucleo delle cellule una sostanza che chiamò nucleina, che altro non era che il DNA. Ma solo tra il 1882 e il 1885 Strassburger e Flemming dimostrarono che i cromosomi, ossia le strutture in cui è organizzato il DNA, sono contenuti all’interno del nucleo. Nel secolo seguente, accanto alle conferme delle teorie mendeliane, nuove scoperte si sono succedute rapidamente. Nel 1902 Archibald Garrod identificò la prima malattia genetica dell’uomo, l’alcaptonuria. Nello stesso anno Sutton e Boveri proposero la teoria cromosomica dell’ereditarietà, secondo la quale i geni sono collocati sui cromosomi. Da allora è stata studiata l’eredità mendeliana di numerosi caratteri e già nel 1905 William Bateson sentì l’esigenza di dare un nome proprio  a questa scienza; venne così coniato il termine “genetica”, anche se l’introduzione della parola “gene” da parte di Wilhelm Johannsen viene datata al 1909.

Ma qual è la funzione dei geni? La risposta a questa domanda giunse da Beadle e Tatum, che nel 1941 proposero l’ipotesi un gene – un enzima, dimostrando che i geni erano responsabili della funzione degli enzimi e che ciascun gene controllava uno specifico enzima. Fu Pauling, nel 1949, ad associare per la prima volta l’alterazione della struttura di una proteina ad una malattia, l’anemia falciforme. Infine, gli studi condotti tra il 1945 e il 1955 determinarono che la struttura delle proteine dipende dalla loro sequenza.  Si vide, così, il passaggio dallo studio dei geni nella loro integrità all’analisi della biochimica del DNA, che venne, infine riconosciuto come l’elemento che determina la specificità delle specie. All’inizio degli anni ’50 Erwin Chargaff scoprì i rapporti tra i “mattoni” che costituiscono il DNA, le basi azotate, mentre Maurice Wilkins e Rosalind Franklin ne ottennero le prime immagini cristallografiche. Il culmine di queste ricerche fu segnato dalla definizione della struttura a doppia elica del DNA da parte di James Watson e Francis Crick (1953); l’importanza del Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina. Watson e Crick ipotizzarono anche un modello per la replicazione del DNA, secondo cui ogni nuova molecola è costituita da un’elica “vecchia” e un’elica di nuova sintesi. Questa teoria fu confermata nel 1958 dal lavoro di Matthew Meselson e Franklin Stahl e, nello stesso anno, Arthur Kornberg isolò l’enzima responsabile della replicazione, la DNA polimerasi. Queste scoperte sono tutte riassunte nel Dogma centrale della biologia, secondo cui l’informazione genetica passa dal DNA all’RNA e da questo alle proteine. Oggi, dopo la scoperta della trascrittasi inversa (1970), un enzima in grado di copiare l’informazione dall’RNA al DNA, il dogma è leggermente modificato, ma rimane assodato il fatto che l’informazione passa dagli acidi nucleici alle proteine e mai viceversa.  Nel 1990 è stato effettuato il primo tentativo di terapia genica su una bambina di quattro anni affetta da ADA, una forma di immunodeficienza; da allora sono state avviate numerose sperimentazioni per la cura di altre patologie, tra cui l’AIDS e il cancro e in molti casi è stato possibile ottenere la guarigione del paziente. Sempre nel 1990 è stato attivato il progetto di sequenziamento del genoma umano.

SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA´ E CORSI DI AGGIORNAMENTO

I professionisti che lavorano nel campo della genetica sono laureati in discipline scientifiche, in genere nell’ambito delle scienze della vita: scienze biologiche, biotecnologie, sono i percorsi universitari più attinenti per un aspirante genetista. Spesso anche una laurea in farmacia, scienze naturali, agraria, chimica o chimica e tecnologie farmaceutiche permettono di specializzarsi nell’ambito della genetica medica.

Le università italiane in cui sono presenti questi corsi di laurea sono molte. Tra queste: Seconda Università degli Studi di Napoli, Università Campus Bio-medico di Roma, Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma, Università della Calabria, Università degli Studi della Basilicata, Università degli Studi della Tuscia, Università degli Studi dell´Insubria Varese – Como, Università degli Studi del Molise, Università degli Studi del Sannio, Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, Università degli Studi di Bari, Università degli Studi di Bologna, Università degli Studi di Brescia, Università degli studi di Cagliari, Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi di Catania, Università degli Studi di Ferrara, Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Foggia, Università degli Studi di Genova, Università degli Studi di L’Aquila, Università degli Studi di Lecce, Università degli Studi di Messina, Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di  Milano-Bicocca, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Università degli Studi di Palermo, Università degli Studi di Padova, Università degli Studi di ParmaUniversità degli Studi di Pavia, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi di Pisa, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Università degli Studi di “Sassari”, Università degli Studi di Siena, Università degli Studi di Teramo, Università degli Studi di Torino, Università degli Studi di Triste, Università degli Studi di Udine, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Università degli Studi di Verona, Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” Chieti – Pescara, Università degli Studi “Magna Grecia” di Catanzaro, Università degli Studi “Roma Tre”, Università Politecnica delle Marche, Università Vita – Salute San Raffaele  Milano. La formazione post-laurea del futuro genetista può includere infine un dottorato di ricerca o una scuola di specializzazione.

PRESENZA IN ITALIA ED EFFICACIA SULLA POPOLAZIONE

Nel 14 novembre 1997 l´Associazione Italiana di Genetica Medica e l´Associazione Italiana di Citogenetica Medica si sono fuse nella Società Italiana di Genetica Umana (SIGU). Oltre agli obiettivi prevalentemente scientifici della Associazione, la nuova Società – cui aderiscono attualmente  oltre 800 genetisti medici e biologi – ha come obiettivo principale quello di essere un punto di riferimento e di consulenza per problemi di interesse scientifico e sanitario in merito alla Genetica Umana. La SIGU promuove progetti di ricerca ed organizza  seminari, gruppi di lavoro, corsi d´aggiornamento e congressi per gli specialisti del settore. L´associazione  inoltre si impegna a promuovere attività scientifiche nel campo della genetica umana e medica rivolgendosi ai soci, ma anche alle istituzioni, alle associazioni di familiari e pazienti affetti da malattie genetiche, ai giovani ed al pubblico, attraverso la progettazione ed erogazione di eventi formativi; redazione e di linee guida. La SIGU, in collaborazione con l’Istituto CSS-Mendel di Roma, ha inoltre svolto un censimento di tutte attività svolte nell’anno 2007 dalle Strutture di Genetica Medica operanti in Italia. L’Italia infatti è l’unico Paese, nel contesto internazionale, che vanta, a partire dalla metà degli anni ’80, il monitoraggio dell’utilizzazione dei test genetici e, negli ultimi anni, quello delle attività cliniche e di laboratorio svolte dalle Strutture di Genetica Medica. I censimenti sono stati condotti dal 1998 dalla SIGU con l’ausilio dell’Istituto CSS-Mendel di Roma. I risultati del Censimento 2007 hanno fornito al Ministero della Salute e alle Regioni le informazioni necessarie per  fare il punto sulla organizzazione delle Strutture di Genetica Medica in Italia, in termini di  pianificazione e spesa sanitaria. Attraverso i dati acquisiti inoltre si ha un´idea generale sul  percorso evolutivo nella storia e nell´impiego dei test genetici come imprescindibili strumenti in ambito preventivo e diagnostico. I risultati del censimento sono consultabili on line.

TRATTATO DESCRITTIVO

L´importanza della genetica in campo medico è resa evidente dalle innumerevoli applicazioni che trova nella diagnosi di malattie genetiche (sia a livello prenatale che  neonatale e in età adulta) e nella prevenzione delle stesse (attraverso le funzioni svolte dai consultori familiari e la diagnosi di situazioni a rischio), nel campo dei trapianti e nella farmaco-genomica (ossia nella possibilità di studiare farmaci “su misura” analizzando la reazione individuale ad essi e i geni implicati nella risposta). In particolare, la genetica classica si occupa della trasmissione dei caratteri; ne è un esempio l’analisi degli alberi genealogici, che trova la prima applicazione in medicina nello studio dell’ereditarietà di malattie genetiche. La genetica molecolare si interessa invece della struttura e del funzionamento dei geni osservandoli come molecole biologiche. Le conoscenze acquisite in questo modo sono importanti in diversi campi: permettono di comprendere il funzionamento (o l´eventuale  malfunzionamento) delle cellule. Infine, la genetica delle popolazioni studia la distribuzione e il comportamento dei geni nelle popolazioni. Questo tipo di conoscenza è fondamentale per poter effettuare analisi evolutive e per meglio comprendere la diffusione di malattie la cui distribuzione varia a seconda dell’area geografica presa in considerazione.

Accanto alla cosiddetta ricerca genetica di base, il cui scopo è aumentare le conoscenze riguardo a fenomeni fondamentali della biologia, la ricerca genetica applicata mira a dei  riscontri più immediati in campo medico, come la messa a punto di test diagnostici rapidi per il riconoscimento delle malattie genetiche o la produzione di nuovi farmaci per il loro trattamento. In realtà, non c’è una netta distinzione tra le due. Ad esempio, lo sviluppo delle tecniche del DNA ricombinante ha permesso di realizzare studi genetici di base e, allo stesso tempo, di ottenere antibiotici, ormoni e altri prodotti di importanza medica come il fattore di coagulazione del sangue e l’Humulin (l’insulina umana), nonché nuovi strumenti per l’area della medicina legale (attribuzione della paternità, analisi di reperti biologici dalle scene dei crimini).

Modalità della consulenza genetica

Sottoponendolo a test genetici, vengono forniti al paziente gli strumenti informativi necessari per rilevare e quantificare l´incidenza del rischio di trasmissione di malattie genetiche a livello ereditario. A seconda dell´entità e del grado di urgenza dei singoli casi, una consulenza genetica può essere effettuata a differenti livelli: preconcezionale, prenatale, screening, diagnostica. Qualunque sia la tipologia di consulenza richiesta, essa consta di tre fasi: il pre-test, il test e la fase post-test.

Durante il primo step il medico chiede al consultando di fornirgli una serie di dati indispensabili: l´anamnesi personale, l´identificazione dell´origine geografica e naturalmente il consenso informato. Sarà cura dl medico invece fornire a sua volta al paziente informazioni sulla malattia e sulle sue modalità di trasmissione nonché sulle percentuali di affidabilità dei test, discutendo infine sul da farsi e su tutte le implicazioni per la vita del malato qualora i risultati dovessero dare esito positivo. Il momento del test in sé e per sé può essere ovviamente di durata variabile, a seconda delle metodologie applicate e della complessità della patologia la cui presenza si intende escludere o rilevare. In generale i test genetici possono essere diagnostici, identificativi dei portatori sani, presintomatici, predittivi, o medico-legali.

Le malattie genetiche

Sono classificate come malattie genetiche quelle patologie provocate da alterazioni nel Dna di un individuo, sia che l´origine di tali mutazioni sia di natura acquisita o al contrario ereditaria. E´ possibile suddividere le malattie genetiche in monogeniche o mendeliane, cromosomiche  o multifattoriali. A queste si aggiunge una quarta categoria, quella delle malattie mitocondriali.

Nel caso di eredità monogeniche si riconoscono due possibili tipologie di alterazione: quella autosomica (recessiva o dominante), che interessa cioè uno dei cromosomi che non contribuiscono alla determinazione del sesso dell´individuo, e quella legata al cromosoma X (anch´essa recessiva o dominante). Nelle malattie cromosomiche invece si verifica un´alterazione quantitativa o strutturale di uno o più cromosomi. Nel caso ad esempio della Sindrome di Down (anche conosciuta come trisomia 21) l´alterazione è dovuta dalla presenza in sovrannumero di un cromosoma (trisomia). A livello strutturale invece le mutazioni genetiche sono dovute a rotture dei cromosomi con conseguente alterazione al momento del loro ricongiungimento. Per eredità multifattoriale si intende poi la compresenza, nel manifestarci dell´alterazione genetica, di fattori esterni quali ad esempio l´esposizione alle radiazioni nucleari. La malattie mitocondriali sono infine quelle patologie causate da alterazioni genetiche del DNA dei mitocondri (sorta di di corpuscoli contenuti nel citoplasma della cellula e provvisti a loro volta un proprio DNA, differente nelle sue caratteristiche dal DNA del nucleo della cellula stessa). E´ quindi soprattutto nella lotta alle malattie genetiche per le quali non esiste una cura realmente efficace  che la ricerca e la sperimentazione stanno concentrando i maggiori sforzi, che passano anche attraverso l´utilizzo di cellule staminali e la messa a punto di nuovi farmaci, oltre che con l´acquisizione di nuove informazioni sulle modalità di trasmissione a livello ereditario. Con il sequenziamento del genoma umano ad esempio, si è scoperto tra le altre cose che la quasi totalità delle mutazioni genetiche avviene nel maschio della specie, che ha dunque  una responsabilità maggiore nella trasmissione delle anomalie genetiche.
Queste alcune tra le malattie genetiche maggiormente diffuse e studiate:

– La Sindrome di Down
Anche conosciuta come  Trisomia 2, la sua percentuale di diffusione è di 1 caso su 750-800 nuovi nati; tuttavia i bambini nati con questa malattia rappresentano solo il 22% degli embrioni concepiti con questa anomalia cromosomica, mentre il restante 78% subisce un aborto spontaneo. Essa è dovuta alla presenza di un cromosoma 21 soprannumerario. Da un punto di vista strettamente eziologico le cause principali sono da riscontrarsi nello stadio d´età avanzato della madre. Nel caso in cui la gestante sia entrata nel quarantacinquesimo anno di età le probabilità di mettere al mondo un figlio affetto da Sindrome di Down sono di 1 su 47. Il quadro della malattia è di norma riscontrabile già al momento della nascita. I tratti del volto del soggetto sono caratterizzati dall´obliquità della rima palpebrale (mongolica), dal palato ogivale, dal naso corto con dorso piatto, da anomalie dei denti, dalla presenza di una piega cutanea a livello della parte interna dell´occhio (epicanto), da alterazioni linguali e da brachicefalia (quando cioè il diametro antero-posteriore del capo è più corto). Il cuore presenta un difetto interventricolare nel 30-40% dei casi mentre l´apparato gastrointestinale presenta una situazione di stenosi (ristrettezza) o atresia (malformazione di una parte) del duodeno nel 2,5% dei casi. Le mani tendono ad essere  corte e tozze, con il quinto dito più corto della norma e  presentano  clinodattilia (piegamento verso il 4° dito della falange distale) e alterazione dei dermatoglifi (le pieghe presenti sul palmo della mano e sui polpastrelli). Nei piedi lo spazio tra il primo ed il secondo dito risulta alterato mentre il quinto dito è soggetto anc´esso a clinodattilia. Nell´apparato scheletrico si osserva infine una displasia delle anche nel 70% dei casi. Si osservano inoltre nel soggetto un ritardo nella crescita, un ritardo mentale ed un deficit parziale delle difese immunitarie. Non esistendo alcuna tipologia di trattamento farmacologico, gli sforzi terapeutici si concentrano a livello riabilitativo, cercando di inserire il soggetto Down in un percorso lavorativo e sociale che gli consenta di sviluppare un certo equilibrio ed una maggiore autosufficienza possibile.

– L´emofilia A (emofilia classica)
L´emofilia è una patologia caratterizzata da un difetto della coagulazione del sangue trasmesso come carattere legato al cromosoma X e dovuto ad un deficit del fattore VIII della “cascata della coagulazione”. Il soggetto emofiliaco non presenta sintomi alla nascita, tuttavia, in una piccola percentuale può andare incontro a manifestazioni emorragiche.
La malattia si manifesta non appena sopraggiunta la deambulazione, con la formazione di ematomi intramuscolari a seguito di traumi anche minimi, sanguinamenti prolungati in seguito a piccole lacerazioni della lingua o delle labbra, emorragie articolari specie delle grandi articolazioni in seguito a microtraumi. A livello diagnostico il sospetto di emofilia viene accertato tramite il test di tromboplastina parziale (PTT) in associazione con la determinazione dell´attività del fattore VIII. Al soggetto emofiliaco vengono somministrati in fase di terapia concentrati di fattore VIII preparati da plasma umano o attraverso l´impiego della tecnica del DNA ricombinante. E´ inoltre da evitare, nel caso di emofilia accertata, l´assunzione da parte del paziente  di acido acetil salicilico (contenuto ad esempio nella comune aspirina) per via dei suoi effetti  antiaggreganti

– La distrofia muscolare
La distrofia muscolare è una patologia a carattere degenerativo che colpisce i muscoli.  Una delle forme di distrofia la più frequenti in età pediatrica è la distrofia di Duchenne. In questo caso i primi fasci muscolari ad essere colpiti sono quelli delle cosce e delle anche e ciò influisce negativamente sulla deambulazione Con l´avanzare della malattia i muscoli perdono progressivamente elasticità fino ad atrofizzarsi ed anche gli organi vitali come quello cardiaco e l´apparato respiratorio vengono irrimediabilmente compromessi Attualmente non esiste una  cura specifica per questa malattia e l´età media di sopravvivenza è piuttosto bassa.. L´approccio terapeutico  si basa prevalentemente sulla fisiochinesiterapia generale e respiratoria e su tutta una serie interventi ortopedici selettivi, nonché su periodici  controlli cardiologici.

– L´anemia falciforme
L´anemia falciforme (detta anche drepanocitica) è una malattia genetica del sangue trasmissibile per via ereditaria. Chi ne è affetto presenta nel sangue i globuli rossi dalla forma irregolare di mezzaluna. All´origine dell’anemia falciforme vi è un´anomalia nell´ emoglobina che di fatto distorce la forma dei globuli rossi, specialmente in condizoni di bassa tensione dei livelli di ossigeno. A conseguenza di ciò si osserva una riduzione  dell’ossigeno ai tessuti dell’organismo, con ostruzione o possibile rottura dei piccoli vasi sanguigni e compromissione di una corretta circolazione. La comparsa dei primi  sintomi solitamente si presenta dopo i quattro mesi d´età ed è caratterizzata da episodi dolorosi, che possono durare  alcune ore o  addirittura dei giorni. Tali manifestazioni hanno ripercussioni  sulle ossa della schiena, sulle ossa lunghe e sul torace. Alcuni pazienti sono colti da questi episodi dolorosi a distanza di anni l´uno dall´altro, altri possono invece avere diversi attacchi l’anno. La gravità di una crisi è di entità variabile: gli episodi più dolorosi possono  richiedere un periodo di ricovero ospedaliero. Questi i sintomi più comuni:attacchi di dolore addominale, dolore osseo, affanno, fatica, febbre, pallore, tachicardia, ittero, dolore toracico. L´anemia falciforme si diagnostica tra gli altri con l´esame emocromocitometrico completo, con emoglobina elettroforesi, con esame della cellula falciforme, bilirubina, tomografia computerizzata, Risonanza Magnetica o con l´esame delle urine. Da un punto di vista terapeutico, i soggetti a cui è stata diagnosticata l´anemia falciforme necessitano di un trattamento a ciclo continuo, anche quando non sono colti da  crisi dolorose. Uno dei farmaci impiegati nel trattamento è l´Idrossiurea (Hydrea), in grado di ridurre quantitativamente gli attacchi di dolore, anche se il suo margine di efficacia non è soddisfacente per tutti.. Antibiotici e vaccini sono indicati per prevenire le infezioni batteriche, frequenti soprattutto nei pazienti in tenera età. Nella cura di questa particolare forma di anemia può essere indicata la pratica della trasfusione.

– La Fibrosi Cistica
La fibrosi cistica è una malattia genetica causata dall´alterazione di una proteina denominata CFTR. Come conseguenza più immediata di tale alterazione si ha un´anomalia nella  produzione delle sostanze esocrine dell´organismo. Le secrezioni mucose così prodotte, di consistenza più vischiosa della norma, tendono a danneggiare progressivamente sia i polmoni, che tendono ad ostruirsi, che l´apparato digerente, generando una condizione di atrofia.pancreatica. La fibrosi cistica si manifesta principalmente nei neonati e nei bambini, (con sintomi che vanno dalla  presenza di una tosse persistente con aumento dell´espettorazione a febbre ed inappetenza) ed è  diagnosticabile a livello prenatale tramite il prelievo dei villi coriali. Un ulteriore strumento di diagnosi è il test del sudore,  effettuabile sul neonato per misurare la concentrazione di cloro. La fibrosi cistica è una malattia cronica dalla quale ancora non è possibile guarire e con la quale si deve convivere per tutta la vita. I pazienti affetti da questa patologia oltre che sottoporsi periodicamente a controlli devono attenersi ad un programma di cure che prevede tra l´altro la fisioterapia respiratoria per mantenere un´adeguata funzione polmonare, l´assunzione sotto forma di capsule di enzimi che facilitino l´assorbimento degli elementi nutritivi, l´aerosolterapia a base di cortisonici e terapie antibiotiche per bocca.