La neurofisiopatologia, o neurofisiologia clinica, è lo studio delle tecniche diagnostiche relative alla fisiologia del sistema nervoso e alle sue patologie, con particolare riferimento a quelle funzionali cerebrali, del midollo spinale, della rete nervale e dei muscoli, e non solo. La formazione all’esercizio della diagnostica neurofisiopatologica prevede, infatti, un ulteriore approfondimento circa la conoscenza delle tecniche specifiche della neuroriabilitazione, di quella branca della medicina, cioè, che si dedica alla riabilitazione dei soggetti affetti da malattie neurologiche.

Il tecnico di neurofisiopatologia possiede una buona conoscenza di base concernente la morfologia, i meccanismi fisiologici che consentono lo svolgimento delle funzioni proprie del sistema nervoso centrale e periferico, le malattie più rilevanti del sistema nervoso centrale, periferico e muscolare, come pure gli elementi fondamentali della neuropsichiatria infantile. Opera in stretta collaborazione con il medico specialista, secondo le prescrizioni del quale interviene direttamente sul paziente, attraverso una serie di strumenti e macchinari atti alla rilevazione e alla registrazione dei fenomeni elettrofisiologici del sistema nervoso.

Le metodiche di applicazione diagnostica, relativi all’indagine neruofisiopatologica, si riferiscono al campo della neurologia e della neurochirurgia, e sono:

  • Elettroencefalografia (EEG)
  • Elettromiografia (EMG)
  • Polisonnografia (PSG)
  • Potenziali evocati (PE, o PE dall´inglese)
  • Doppler

Il rapporto sui risultati ottenuti attraverso le diverse indagini diagnostiche sono sotto la responsabilità diretta del tecnico. Tali risultati vengono messi a disposizione poi del medico specialista, il quale provvederà a formulare una terapia adeguata alla patologia riscontrata.

CENNI STORICI

Lo studio delle attività cerebrali ha da sempre esercitato sull’uomo grandi interessi. Delineando un sommario profilo storico delle scienze neurologiche, cui rinviamo alle sedi specifiche del nostro portale un’esposizione più accurata, ci limiteremo qui a tracciare brevemente i lineamenti di quel suo ramo diagnostico, di cui la neurofisiopatologia fa parte. Le tecniche di cui le scienze diagnostiche si avvalgono sono, senza dubbio, legate ai progressi dell’informatica e della elettrofisiologia. Le acquisizioni della moderna elettrodiagnostica sono molto recenti e, seppur riferendosi alle importanti scoperte del XIX secolo al riguardo, si collocano nel secondo dopoguerra.

Lo studio in particolare della metodica elettromiografia di Herbert Jasper alla fine degli anni quaranta portò alla nascita di diversi strumenti in grado di visualizzare i segnali elettrici nel tempo, nonché di rendere possibile facilmente la misurazione di tensioni, correnti e potenze elettriche. Fu grazie a queste scoperte che nei primi anni cinquanta venne approfondito lo studio delle neuropatie attraverso la misurazione dei nervi motori e dei nervi sensitivi, nonché l’attività riflessa. E’ solo negli anni ottanta, però, che l’informatica e il passaggio al sistema digitale resero possibile l’evoluzione e il conseguente sviluppo degli studi fisiologici a favore delle tecniche diagnostiche.

PRESENZA IN ITALIA ED EFFICACIA SULLA POPOLAZIONE

Relativamente agli studi neurofisiopatologici, a rappresentare, sul territorio nazionale italiano, la più grande associazione di neurofisiopatologia è la A.I.T.N. (associazione italiana tecnici neurofisiopatologia), sorta nel 1975  dal desiderio di alcuni studenti delle università di Roma e Bologna.

Gli studenti di quelle facoltà decisero di costituire un associazione senza fini di lucro e che ben rappresentasse la figura del tecnico di neuropatologia a livello nazionale, nell´intento primo di affermare i valori morali, culturali e professionali della categoria.

SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA´ E CORSI DI AGGIORNAMENTO

La Neurofisiopatologia prevede due principali corsi di studi, di cui uno è universitario specialistico, l´altro è tecnico.

Il primo consta di una formazione pari a 5 anni, il secondo ne dura 3. Differentemente dalla specializzazione in neurofisiopatologia, per la quale occorre essere in possesso di una laurea in medicina e chirurgia, per accedere alla specializzazione in tecniche di neurofisiopatologie non è previsto alcun titolo. E´possibile accedere al corso specialistico di neurofisiopatologia presso qualsiasi facoltà di medicina e chirurgia italiana.

L´A.I.T.N. mette a disposizione tutta la sua vasta conoscenza ai giovani che vogliano intraprendere l´attività del tecnico, proponendo loro una serie di seminari e master o stage, presso i quali vengono formati professionalmente.

TRATTATO DESCRITTIVO

Riportiamo in questa sede le principali tecniche di diagnostica cui la Neurofisiopatologia fa riferimento.

ELETTROENCEFALOGRAFIA ED ELETTROENCEFALOGRAMMA (EEG)

L’Elettroencefalografia registra l’attività elettrica del cervello. Nonostante la tecnica venga scoperta alla fine degli anni ’20 da Hans Berger, il principio della decodificazione delle onde cerebrali si avrà molto più tardi grazie agli italiani Vicinio e De Bortoli. L’elettroencefalogramma non è altro che il risultato grafico della registrazione elettroencefalografica tramite lo strumento dell’elettroencefalografo. Di facile esecuzione l’EEG è un esame neurologico di base e non è assolutamente invasivo. E’ particolarmente importante nella diagnosi delle patologie epilettiche, in quanto l´alterazione della normale attività elettrica nell´epilessia produce tracciati molto caratteristici riscontrabili anche in assenza delle crisi epilettiche stesse.

Anche nel caso di malattie infiammatorie come meningiti ed encefaliti, oppure nelle encefalopatie metaboliche, l´EEG è molto utile, perché un tracciato normale esclude questi processi.

Altre volte l´EEG può indicare un processo focale come un tumore o un´ischemia cerebrale. In caso di patologie a carico del cervello, infatti, le alterazioni del tracciato permettono di effettuare una diagnosi preliminare, cui seguiranno ulteriori esami su prescrizione dello specialista, laddove lo riterrà necessario. L´attività elettrica cerebrale viene registrata tramite elettrodi di superficie posizionati sulla testa. La continua fluttuazione della normale attività cerebrale induce tra vari punti del cuoio capelluto piccole differenze di potenziale elettrico che vengono amplificate e registrate normalmente per alcuni minuti, in casi gravi anche ore. Il tracciato che ne viene originato indica graficamente le variazioni nel tempo relativamente ciascun elettrodo. Di norma gli elettrodi vengono posizionati sul cuoio capelluto secondo uno schema fisso che viene chiamato sistema internazionale Jasper 10-20, altrimenti conosciuto semplicemente come sistema 10-20.

Gli elettrodi, nel numero variabile da 10 a 20, vengono collocati lungo cinque linee principali:

  • longitudinale;
  • longitudinale interna destra;
  • centrale;
  • longitudinale esterna;
  • longitudinale interna sinistra.

A queste seguono altre linee di elettrodi in corrispondenza delle rimanenti aree della corteccia cerebrale. Questi, al loro volta, vengono collegati ad un amplificatore il quale, dopo aver raccolto gli impulsi elettrici dell’attività del cervello, li invia al citato elettroencefalografo, che traduce il tutto in un tracciato grafico. L’EEG può avvenire in due modi principali: allo stato di veglia, normalmente più breve e della durata di circa 30 minuti, o durante il sonno, che varia, a seconda del caso in esame, dalle 2 ore a tutto un ciclo notturno. Normalmente l’EEG viene prescritto per diagnosticare nel paziente la presenza di patologie quali:

  • infezioni cerebrali;
  • epilessia;
  • disturbi cerebrovascolari;
  • disturbi del sonno e della memoria;
  • patologie legate a traumi cranici.

ELETTROMIOGRAFIA (EMG)

L’Elettromiografia è una metodica diagnostica relativa all’analisi, mediante un elettrodo ad ago, delle attività muscolari a riposo e di quelle in movimento, e inoltre concerne lo studio della conduzione nervosa, motoria e sensitiva, propriamente detta  Elettroneurografia. Differentemente dall’ EEG, l’uso dell’elettrodo ad ago, relativa in prevalenza agli arti, rende l’EMG una tecnica diagnostica invasiva. Le scosse elettriche applicate lungo il decorso dei nervi stimola gli stessi costringendoli ad un’attività di cui l’EMG si ripropone di misurare la velocità di conduzione, la latenza e l’ampiezza.

L’indagine elettromiografica permette di verificare la presenza o meno di anomalie di funzione relativa, principalmente ai nervi, ai muscoli e alle giunzioni neuro-muscolari, al fine di stabilire se il soggetto sottoposto sia affetto da neuropatie.

E’ bene che il paziente prenda in considerazione la possibilità di rivolgersi ad un esame elettromiografico non solo al fine di riconoscere la causa di sintomi legati a patologie relative soprattutto ai nervi tronculari, muscolari o della placca motrice, ma soprattutto per una loro soluzione terapeutica.

Il ricorso urgente all’EMG è consigliabile solo in pochissimi casi come, ad esempio, nelle forme sia acute che croniche di poliradicolonevrite demielinizzante, poiché di norma, invece, essa rappresenta un normale esame clinico, nella diagnosi generale di neuropatie cosiddette da intrappolamento, quali:

  • Sindrome del Tunnel Carpale;
  • Intrappolamento dell’ Ulnare al gomito.

POLISONNOGRAFIA (PSG)

La polisonnografia, o registrazione poligrafica del sonno, è quella metodica diagnostica volta allo studio del sonno e di suoi disturbi. Mediante il sistema elettroencefalografico, al paziente vengono applicati elettrodi, in numero minore rispetto all’EEG, al fine di registrare l’attività cerebrale durante i vari stadi del sonno, e a verificare la presenza di possibili anomalie. A tale scopo vengono registrati anche i movimenti oculari, mediante la registrazione di variazioni del potenziale corneoretinico e le variazioni del tono muscolare. A seconda delle patologie cui il paziente è affetto, il tecnico di polisonnigrafia applicherà altri elettrodi in zone specifiche. Ad esempio in soggetti affetti da Mioclono notturno o propriospinale di norma verrà compiuta un’azione di monitoraggio relativamente all’attività degli arti inferiori; o ancora laddove si presentino patologie dell’apparato respiratorio bisognerà fare riferimento a parametri relativi al flusso oro-nasale, ai muscoli che interessano la gabbia toracica, e ancora EEG e Pulsossimetria.

Il tecnico di polisonnografia assiste il paziente durante tutta la registrazione, al fine di garantire la qualità della stessa, annotando gli episodi di attività riconosciute come anomale e che sono alla base della patologia.

POTENZIALI  EVOCATI

E´a partire dalla seconda meta degli anni ´60 che la neurofisiologia clinica si avvale della tecnica definita come potenziali evocati. Nonostante la teorizzazione di questa procedura d´indagine fosse da tempo stata teorizzata, siamo oggi in grado di utilizzarla come metodica diagnostica grazie alle nuove tecnologie di registrazione elettronica ad alta velocità di calcolo.

Affine alla diagnosi tramite elettroencefalografia, il potenziale evocato tuttavia si diversifica per la sua diversa applicazione. Se infatti l´elettroencefalogramma registra lo stato delle attività cerebrali a riposo, il potenziale evocato, come suggerisce il termine stesso, registra invece la risposta cerebrale a seguito di stimoli esterni di vario tipo, quali visivo, acustico e tattile.

Gli EP (dall´inglese evoked potentials) forniscono un profilo spaziotemporale dei segnali evocati da un determinato stimolo, lungo le vie nervose, o meglio la via nervosa, che percorre all´interno del sistema nervoso centrale. La tecnica del potenziale evocato è di fondamentale importanza nella comprensione dei canali utilizzati dal nostro cervello per analizzare le informazioni esterne. Ci è d´aiuto nello stabilire quando un disturbo è di tipo organico e quando invece è funzionale. Inoltre, individuando anche i segnali a basso segnale, siamo in grado anche di stabilire l´entità di lesioni intracerebrali o comunque di entità ridotta. I potenziali evocati si basano su una tecnica chiamata  (letteralmente “media di valori”), secondo la quale viene disegnato un tracciato sulla media delle risposte elettroencefalografiche di uno stimolo reiterato. A seconda della natura dello stimolo (visivo, acustico o tattile) il numero di onde della risposta evocata cambia. Latenza e presenza o assenza delle onde sono i principali parametri cui la diagnostica degli EP fa riferimento. Di particolare importanza lo studio della presenza o meno delle onde determina a livello clinico la possibilità di un riscontro patologico o di normalità.

Gli EP non sono tutti della stessa natura; la risposta allo stimolo, infatti, può variare nella sua velocità.

Di norma nella diagnostica vengono utilizzati quelli molto rapidi e che si distinguono in tre:

BAEP

La registrazione dei BAEP viene seguita attraverso elettrodi posti sull´orecchio (che vengono testati uno per volta) ed è particolarmente importante nella diagnosi precoce di neurinomi, o tumori neurogeni.

PEV

Sono soprattutto utili nello studio delle diverse patologie che interessano il nervo ottico come ad esempio:

  • papillite;
  • neuropatia ottica ischemica;
  • neuropatia ottica tossica e metabolica;
  • maculopatite;
  • glaucoma;
  • compressione del nervo ottico.

PES

Si ripromette di esplorare la funzionalità delle vie sensitive. Forniscono informazioni importanti circa i soggetti affetti da:

  • plessopatie;
  • mielinopatie;
  • corea;
  • traumi cranici;
  • lesioni del midollo spinale;
  • sclerosi multipla;
  • la maggior parte delle malattie degenerative del sistema nervoso centrale.

Doppler Transcranico (DTC)

Il Doppler è una tecnica che sia avvale degli ultrasuoni. Esso rivela la velocità del flusso ematico attraverso un segnale emesso da una sonda esterna.

Come l´EEG, non rappresenta un problema per il paziente che ne richieda l´esame. Attraverso di esso siamo in grado si conoscere se nella zona interessata ci siano o meno restringimenti della circolazione sanguigna.

La stessa tecnica viene applicata alla neurologia, dando vita al doppler transcranico. Eseguendo l´esame del Doppler nei due lati (destro e sinistro), delle grandi arterie del collo (arteria carotide comune, interna, esterna, arteria vertebrale) o del cervello (arteria cerebrale media, anteriore, posteriore, arteria basilare), e registrando anche la direzionedel flusso in altre arterie (arteria sopraoftalmica), è possibile rilevare restringimenti arteriosclerotici che potrebbero dare origine a ischemie cerebrali e che possono essere curabili con terapia chirurgica. Mentre il Doppler indica solamente la velocità e la direzione del flusso del sangue, l´Ecodoppler (Duplex) sovrappone questa informazione a una visualizzazione ecografica dei vasi, e con ciò è in grado di fornire ulteriori informazioni sulla estensione e sulla localizzazione di un processo arteriosclerotico. Inoltre, possono essere visualizzati altri processi più rari ma importanti, come l´aneurisma disseccante dell´arteria carotide.

Tra le varie patologie neurologiche diagnosticabili con il doppler, riportiamo qui di seguito le principali:

– valutazione stenosi emodinamiche dei vasi intracranici;

– valutazione degli effetti emodinamici intracerebrali delle lesioni extracraniche;

– studio della circolazione vertebro basilare in patologie come le vertigini;

– studio della riserva funzionale vasomotoria;

– accertamento della morte cerebrale precoce, in particolare nei soggetti destinati ai trapianti di organo;

monitoraggio del vasospasmo;

– valutazione delle malformazioni artero-venose e dei vasi coinvolti;

– valutazione dei microemboli.