Definiamo prodotti biologici quelli che provengono dall’agricoltura biologica, cioè da quel tipo di agricoltura che limita il più possibile l’impatto ambientale, riducendo gli interventi esterni, abolendo organismi geneticamente modificati o prodotti di sintesi. Chiaramente è un nome improprio, poiché anche i prodotti dell’agricoltura convenzionale sono frutto di un processo biologico, ma ha il pregio di evocare la maggiore naturalezza dei sistemi di coltivazione da cui questi prodotti derivano.
 
CENNI STORICI
A rigori la storia dell’agricoltura biologica dovrebbe coincidere con la storia dell’agricoltura fino alla Rivoluzione Industriale, quando il progresso scientifico ha introdotto nuovi metodi di intervento innaturale nelle coltivazioni.
Ma poiché questo nome indica proprio il ritorno ai metodi naturali, dopo quella che viene considerata una deriva inquinante, ci limiteremo a descrivere le varie tappe di questo “ritorno”.
L’agricoltura biologica come noi la intendiamo è sorta a metà del Novecento, ma alcune avvisaglie di questa nuova sensibilità erano da tempo comparse nella storia recente.
Già dalla fine dell’Ottocento, in Germania, paese culla di questa pratica, per combattere la piaga dell’alcol,  i riformatori utilizzavano alimenti senza additivi, come succhi di frutta e pane integrale.
Il primo negozio di alimenti naturali sorse a Parigi negli anni’30, mentre pian piano si diffondeva la reazione culturale agli esperimenti chimici che stavano invadendo l’agricoltura convenzionale.
Figura fondamentale è senza dubbio quella del botanico inglese Sir Albert Howard.
Dopo aver trascorso più di vent’anni in India  osservando i metodi tradizionali di coltivazione dei contadini, sentirà presto l’esigenza di comunicare in Occidente le sue esperienze sul campo, con ricerche che rovesceranno la prospettiva dei sistemi allora in voga. Oltre a principi generali di profondo buon senso pratico e ideale (attestarsi sempre prima della salute del terreno e soprattutto rispettare la natura in ogni sua espressione), Howard apprende dagli indiani un accorgimento semplice quanto efficace: la cosiddetta “legge del ritorno”. Un letterale ritorno alla terra dei prodotti che, dopo esser stati consumati, ritornano come materia organica nel terreno, divenendo un formidabile fertilizzante naturale che riequilibra la carenza di elementi costitutivi dopo il raccolto.
Gli insegnamenti e le idee di Sir Howard verranno diffuse in Inghilterra ad opera di Lady Eve Balfour, con il libro “The living soil” del 1943, dove la nuova disciplina viene battezzata “agricoltura organica”. Pochi anni dopo, sull’onda del successo del libro, verrà fondata la Soil Association, tuttora associazione autorità nei paesi anglosassoni per la certificazione dei prodotti biologici.
Nel dopoguerra, soprattutto negli anni ’60 e ’70 questi principi vennero ripresi, all’interno di quel grande movimento di coscienza e protesta che ha segnato quei decenni. In Inghilterra la Soil Association creò un marchio e introdusse le nozioni di “disciplinari di produzione”, di standard, e di controlli di qualità, garantendo così ai consumatori un’effettiva garanzia legale. Le più grandi organizzazioni di tutto il mondo fondarono successivamente l’IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements) a tutt’oggi il punto di riferimento mondiale per l’agricoltura Biologica.
Dal 1991 esiste una legge europea (regolamento CEE 209291) che sancisce quali sono i prodotti il cui utilizzo definisce il metodo di produzione come”Agricoltura Biologica”.
PRESENZA IN ITALIA ED EFFICACIA SULLA POPOLAZIONE
L’Italia è uno dei paesi europei in cui è più diffusa la produzione biologica, che raggiunge quasi il 7% della produzione nazionale, con circa 40.000 operatori, diffusi soprattutto in Sicilia, Calabria ed Emilia Romagna.
Ci sono anche motivazioni imprenditoriali dietro questa notevole produzione, poiché i prodotti biologici hanno un prezzo più elevato rispetto a quelli convenzionali, che gli italiani, amanti del cibo di qualità, hanno dimostrato di essere ben disponibili ad accettare.
SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA´ E CORSI DI AGGIORNAMENTO
Trai vari corsi disponibili segnaliamo il corso di laurea specialistica in “Agricoltura biologica e multifunzionale” alla Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa, oppure quelli accessibili presso le associazioni nazionali Agribio (www.agribionotizie,it) e AIAB (www.aiab.it).
TRATTATO DESCRITTIVO
L´agricoltura biologica si distingue da quella convenzionale perché esclude l´uso di prodotti chimici di sintesi (concimi, antiparassitari, pesticidi), sostituendoli con fertilizzanti naturali (di origine animale, vegetale, o minerale).
Dal punto di vista normativo, gli alimenti biologici sono i prodotti alimentari “ottenuti con metodo di produzione biologico” secondo quanto stabilito dal regolamento CEE 2092/91.
Illustriamo le caratteristiche fondamentali di questo diverso approccio.
Prima di tutto la scelta del terreno, che cade solo su terreni lontani da fonti di inquinamento, o che non siano stai già “inquinati” da prodotti chimici durante produzioni precedenti.
Come già detto, l’utilizzo di fertilizzanti naturali, come concimi organici (letame), vegetali o misti nel pieno rispetto dei ritmi stagionali; l’abolizione di diserbanti, coloranti o conservanti; e, infine, i controlli rigorosi, come da normativa europea, la cui certificazione appare sull’ etichetta del prodotto finale.
Gli obiettivi dell’agricoltura biologica sono chiaramente la produzione di alimenti naturali e la riduzione del consumo energetico, ottenuta grazie all’eliminazione dei prodotti chimici.
Per quanto un’analisi effettuata dall´Agenzia Francese per la Sicurezza Alimentare nel 2003 non abbia evidenziato clamorose differenze negli apporti nutrizionali tra i prodotti convenzionali e biologici, ci sono alcuni dati oggettivi a favore per questi ultimi.
Molte ricerche hanno testimoniato come ad esempio frutti biologici (pesche, mele e kiwi) abbiano una maggiore quantità di vitamina C, antiossidanti, polifenoli e betacarotene rispetto ai frutti convenzionali. Uno dei fattori determinanti è senza dubbio il terreno, rispettato nella sua fertilità naturale.
Un luogo comune negativo riguardo i prodotti biologici associa, invece, ad essi una maggiore presenza di micotossine (sostanze tossiche prodotte dai funghi), ma diversi studi, tra cui uno presentato alla FAO, smentiscono questo infondato pregiudizio.
Più valide obiezioni sono state sollevate per quello che riguarda l’efficacia della produzione.
Ovvero, riguardo al dato che l’agricoltura biologica produca mediamente un terzo di meno rispetto a quella convenzionale, proprio a causa dell’eliminazione di prodotti chimici, che determina anche una maggiore possibilità di perdite produttive causa infestazione.
Inoltre, poiché è assai difficile trovare animali allevati in modo biologico, di fatto i fertilizzanti naturali usati dall’agricoltura biologica derivano indirettamente da quella convenzionale. Per cui, allo stato attuale delle cose, essa può prosperare solo se affiancata alla convenzionale. Concettualmente è un nonsenso, ma a livello pratico è una considerazione oggettiva.
Riassumendo, l’intento ecologico dell’agricoltura biologica è senz’altro nobile e prezioso, in special modo in una società che è stata finora cieca verso le ripercussioni degli eccessi industriali sull’ambiente.
Ma essa per uscire dai limiti del mercato di nicchia e diventare una vera, concreta alternativa all’agricoltura convenzionale, deve diventare molto più sostenibile a livello economico e produttivo.