L’omotossicologia è una concezione innovativa dell’omeopatia, nata in Germania negli anni cinquanta ad opera del medico tedesco Dr Hans-Heinrich, che reinterpretò le teorie hahnemanniane, identificando nelle “omotossine” la causa principale di malattia. La parola omotossicologia deriva infatti dal concetto di “omotossina”, cioè qualsiasi molecola endogena o esogena capace di provocare un danno biologico. In tal senso l’omotossicologia interpreta la malattia come espressione della lotta fisiologica dell’organismo che tende ad eliminare le omotossine e/o come espressione del tentativo dell’organismo di compensare i danni omotossici subiti.
CENNI STORICI 
Alla fine del 1800, dopo un periodo di splendore, l’omeopatia va incontro a un grande declino. I discepoli di Hahnemann si dividono, nell’interpretazione del pensiero del maestro, in due grandi gruppi: i classicisti (o unicisti) e i pluralisti. Quest’ultimi, convinti della difficoltà di individuare sempre un rimedio unico e delle potenzialità offerte dalla combinazione adeguata di basse diluizioni, usano dei “complessi” opportunamente formulati, adatti alle varie situazioni cliniche, impiegando le alte diluizione come rimedi costituzionali (scuola francese) o in casi particolari (scuola tedesca). Questa diatriba interna al cammino dell’omeopatia influenzerà i suoi successivi sviluppi, e aprirà, nei primi decenni del ‘900 alla concezione di un’omeopatia anti-omotossica, o più semplicemente “omotossicologia”, volendo intendere con questo termine la ricerca di tutti quei fattori, esogeni o endogeni, che si comportano come lesivi per l’uomo. L’intuizione fondamentale consiste nel ritenere che l’omeopatia non possa disgiungersi dalle conoscenze scientifiche acquisite ma che, al contrario, essa debba confrontarsi e nutrirsi di queste conoscenze, utilizzandole secondo i propri canoni nel rispetto della propria peculiare visione. Il concetto di tossina venne così di gran lunga ampliato e lo stesso modo di concepire la malattia subì una rivoluzione. Il legame tra le conquiste dell’istologia, dell’anatomia patologica, della fisiologia, della fisiopatologia e delle altre branche della medicina, fu ristabilito e un nuovo modello culturale prese vigore. L’immagine – sentita nel modo contemporaneo – di una medicina “globale”, capace di valutare l’uomo ma anche la sua malattia, prende corpo e diviene realtà. L’omotossicologia rappresenta ad oggi un ponte tra l’Omeopatia classica e la moderna medicina scientifica. Il metodo di preparazione dei farmaci è omeopatico (diluizione e dinamizzazione), ma il modo con cui questi vengono prescritti può essere sia omeopatico e sia allopatico. Numerosi medici, facilitati anche dal linguaggio scientifico che l’omotossicologia ha inteso conservare, si sono avvicinati negli anni a questa visione.
 
SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA’ E CORSI DI AGGIORNAMENTO
Nel 1983 viene fondata in Italia l’AIOT (Associazione Medica Italiana di Omotossicologia), attualmente l’Associazione medica più importante a livello nazionale nel campo della Medicina Omeopatica. Fin da allora l’associazione promuove per i medici una rilevante attività didattica supportata da professori universitari e specialisti della materia. Ogni anno vengono organizzati circa 500 incontri di aggiornamento medico, alcuni in collaborazione con numerosi Ordini di Medici e con prestigiose Università italiane, tutti accreditati ECM. I medici omotossicologici sono coloro che hanno seguito, dopo la laurea in medicina, corsi triennali riconosciuti dall’AIOT. L’obiettivo dell’AIOT  è infatti di creare specialisti sempre più validi in medicina omeopatica-omotossicologica.
PRESENZA IN ITALIA E INFLUENZA SULLA POPOLAZIONE
Negli ultimi anni è stata registrata una diffusione esponenziale dell’omotossicologia in Italia.  Quando si tenne il primo convegno italiano in materia – nel 1981 – nessuno conosceva l’importanza dell’omotossicologia. Attualmente è la metodica omeopatica più diffusa e praticata talora anche nelle istituzioni pubbliche, in particolare ospedali e università. L’efficacia e la sicurezza dei farmaci omotossicologici è testimoniata anche da quasi 100 studi clinici. In Germania, dove viene utilizzata  con successo da oltre 50 anni, è la medicina non-convenzionale più prescritta in assoluto. Di fatto, in Germania l’80% dei medici prescrive regolarmente farmaci omotossicologici e omeopatici.
Nel 2006 l’Italia ha recepito una direttiva del Parlamento Europeo che definisce il «prodotto omeopatico» farmaco a tutti gli effetti. Si tratta di un importante dato, a testimonianza del continuo aumento della percentuale di popolazione che ne fa uso e dell’elevato numero di medici che sempre maggiormente decidono di aumentare le possibilità terapeutiche a loro disposizione grazie all’omeopatia in generale e all’omotossicologia nello specifico.
TRATTATO DESCRITTIVO
Il fondamento del pensiero omotossicologico è che la vita si realizzi tramite trasformazioni chimiche e che il perfetto funzionare di questi processi sia condizione essenziale per il buon funzionamento dell’organismo. Ne consegue che tutti quei processi clinici che noi chiamiamo malattie, altro non sono che l’espressione della lotta che quotidianamente l’organismo compie per eliminare, neutralizzare, espellere fattori lesivi per l’organismo stesso, genericamente chiamati tossine. Molte tossine vengono neutralizzate senza alcun disturbo per la persona; altre vengono tamponate e recheranno danni col tempo; altre ancora, a causa della loro virulenza, daranno origine ad una risposta marcata, una sintomatologia netta e fastidiosa. Quest’ultima rappresenta la componente clinicamente evidente della battaglia. Le tossine che sovraccaricano e ammalano il corpo possono essere di origine chimica, batterica, biologica, post-traumatica e metabolica. I sintomi con cui le malattie si manifestano altro non sarebbero che il tentativo dell’organismo di liberarsi da queste tossine. In una visione così fatta i sintomi denunciati del malato, così come alcuni reparti di laboratorio, verranno analizzati e inquadrati secondo una logica diversa da quella accademica. Occorre anzitutto capire il significato e il ruolo di un sintomo o di una determinata alterazione strumentale in “quella malattia”, affinché si possa comprendere qual’é l’atteggiamento di risposta della natura all’aggressione. Bisogna, in sintesi, distinguere il danno provocato dalla tossina (vera malattia) da ciò che viene messo in atto dall’organismo per difendersi e che indica, di per sé, la strada da percorrere per pervenire ad una guarigione conforme alle leggi di natura: equilibrata, armonica e senza rischi di ricadute. Occorre quindi conoscere il progetto di difesa dell’organismo per sostenerlo e potenziarlo, evitando il più possibile di frustrarlo.
Merito dell’intuizione reckeweghiana è quello di aver compreso tutto ciò, di averlo studiato e di aver proposto un modello teorico – l’omotossicologia – capace di offrire una sintesi medica chiara basata su tre leggi fondamentali: del simile, dell’effetto inverso e del sinergismo. Per legge del simile si intende il principio della medicina omeopatica individuato dallo stesso Hahnemann, per cui qualsiasi sostanza che in natura è causa di un malessere può guarire il malessere di cui è stata la causa; vale a dire che una sostanza che provoca in soggetti sani determinati sintomi, è in grado (in certe condizioni) di risolvere sintomi simili in soggetti malati. Tale assunto va combinato con la legge dell’effetto inverso, secondo la quale dosi elevate di una sostanza attiva hanno effetto tossico o inibente sulla funzionalità di un organo o di una cellula mentre dosi base della stessa sostanza hanno un effetto stimolante. Tuttavia, a partire da questo livello di convergenza con l’omeopatia, la terza legge – quella del sinergismo – segna la specificità della strategia terapeutica anti-omotossica rispetto alla medicina hahnemanniana. Per sinergismo si indica infatti la scelta di associare più principi omeopatici, opportunamente selezionati, in virtù di un effetto superiore esplicato rispetto all’attività dei singoli componenti.
Per quanto concerne la diagnosi, con l’ausilio dei progressi della medicina accademica (quindi analisi mediche, esami diagnostici, ecc.) l’omotossicologia trova l’esatta posizione della malattia in una tavola di 6 fasi, che il Dr Reckeweg elaborò per distinguere i diversi livelli di risposta antitossica. Le prime tre fasi – escrezione, infiammazione e deposito – sono definite fasi umorali e rappresentano reazioni relativamente innocue da cui di solito si guarisce spontaneamente o con terapie omotossicologiche poco impegnative. Le successive tre fasi – impregnazione, degenerazione e neoplasia – sono definite fasi cellulari e comprendono patologie che ormai hanno provocato lesioni cellulari profonde difficilmente affrontabili con l’omeopatia classica. Attraverso queste considerazioni, il Dr. Reckeweg osservò e descrisse un fenomeno importante: la vicariazione, cioè lo spostamento della malattia da un tessuto all´altro, da un organo all´altro. La vicariazione può avere una prognosi positiva (in questo caso è detta “regressiva” e corrisponde al processo di guarigione naturale) o, viceversa, negativa (in questo caso è detta “progressiva” e coincide, per esempio, con il processo di cronicizzazione). Con la terapia omotossicologica si noterà la cosiddetta vicariazione regressiva, cioè lo spostamento della malattia da organi più profondi verso organi o sistemi deputati all´espulsione delle tossine. In conclusione la terapia omotossica non elimina il sintomo, ma lancia un vero e proprio impulso verso la guarigione basato sulla disintossicazione: questo con l’ausilio sia di farmaci omeopatici (sia unitari che composti), che di altri rimedi ancora.