La medicina legale si occupa dei rapporti tra la medicina e la legge, insieme alla medicina sociale fa parte della medicina pubblica.

Si suddivide in medicina giuridica, che si occupa dell´evoluzione del diritto, dell´interpretazione delle norme e della loro applicabilità dal punto di vista medico e in medicina forense, che utilizza la medicina al fine di accertamento di singoli casi di interesse giudiziario.

CENNI STORICI

La medicina legale ha seguito il processo evolutivo delle conoscenze mediche e, con il formarsi di stati organizzati dotati di leggi e norme, questi attinsero alla medicina per trarre nozioni utili per la loro legislazione. Prime tracce di medicina legale si riscontrano a partire dal 2700 a.C. in Egitto. In Mesopotamia il codice di leggi dei Sumeri (2500-1950) prevedeva risarcimenti in caso di lesioni personali. Famosissimo il babilonese Codice di Hammurabi (1728-1686), che affermava tra l´altro il principio della responsabilità professionale in caso di morte o lesione; ad esempio vi si legge, nel paragrafo 218, che “Se un medico ha eseguito un difficile intervento col coltello di bronzo ed ha provocato la morte del soggetto, gli si tagli la mano”. Presso gli Ebrei, sia nelle leggi di Mosè che in quelle successive del Talmud, si riscontravano nozioni medico-legali e severe leggi in tema di igiene pubblica. Nell´antica Grecia, dominata dalla figura di Ippocrate, nascono i principi di Etica medica e di Deontologia.

La civiltà romana dell´epoca regia e imperiale, propensa com’era a stabilire leggi e a regolare la condotta dei suoi cittadini, accettò queste usanze e ne creò delle nuove; così furono stabilite regole ben precise che dovevano essere osservate nella elezione dei pontefici, allo scopo di stabilire se essi fossero idonei al loro ufficio.

Come è naturale, le questioni medico-legali vennero occasionate particolarmente dai casi di morte sospetta di veneficio, dalle questioni concernenti il parto, la gravidanza, la verginità, da quesiti insomma che richiedevano, per essere risolti, una conoscenza di anatomia, di fisiologia e di patologia, quale essa potesse essere rispetto ai tempi. Roma, più delle altre civiltà, cosciente del valore delle leggi, pretese che alla conoscenza delle questioni legali e del procedimento secondo il diritto civile e penale, fosse unita la conoscenza delle questioni mediche.

Per essere più esatti, se non si ebbe nella medicina romana una specializzazione vera e propria di medicina legale, nelle leggi romane furono numerosi gli argomenti che richiedevano conoscenze mediche. Malgrado tanto discernimento di giudizio, non si può parlare di una medicina legale romana in senso dottrinario, perché, così agendo, Roma non faceva conto dei medici (che ancora non aveva) in tema legale, ma faceva rientrare i legali in questioni sanitarie pubbliche. È naturale che, in questo modo, medicina legale e polizia medica venivano spesso a integrarsi a vicenda, poiché anche quest´ultima rientrava nell´ordine della legge. Molti argomenti sono stati prima accennati: tali per esempio le leggi che riguardavano le donne gravide e quelle che riguardavano le puerpere. La decisione della vitalità del feto, nelle cause d´aborto e la punizione di esso erano contemplate nella legge Cornelia. Questa stessa legge decretava la pena capitale per coloro che sostituissero il neonato e prescriveva una prova per accertare la gravidanza.

Gli accertamenti praticati per gli stati di gravidanza erano eseguiti da donne (le obstetricae) e avevano somma importanza per i riguardi legali in caso di controversie civili, come lo scioglimento di matrimonio. Particolare importanza aveva il giudizio medico nei sospetti di avvelenamento. Tuttavia la perizia per giudicare delle possibilità di veneficio era quanto mai rudimentale ed ingenua: ad esempio, uno dei maggiori elementi di giudizio era fondato sulla convinzione che il cuore dei morti avvelenati non bruciasse nelle fiamme del rogo. La legge Aquilia, invece, stabiliva le modalità per decidere la consapevolezza dell´assassinio, richiedendo esclusivamente al medico se la morte del ferito poteva attribuirsi a causa indipendentemente dalla ferita o se questa ne era stata la ragione unica. Un esempio di referto medico legale passato alla storia fu quello del medico Antistio il quale, esaminando il cadavere di Cesare crivellato da molteplici ferite, stabilì che di tutte una sola era stata mortale.

Gli argomenti legali, interessanti la medicina, erano costituiti dalla perizia di lesioni per mutilazioni praticate talora per sfuggire all´obbligo militare. Le perizie mediche in tempi più progrediti non si limitarono solo ai danni prodotti nella persona, ma si estesero persino ai danni psichici che eventualmente avesse potuto ricevere la vittima.

Estesi erano dunque gli argomenti medici contemplati nelle leggi romane, ma con tutto ciò non sorse il bisogno di costituire una speciale branca di medicina forense che prendesse in considerazione questo complesso di cognizioni e di richieste da parte dei testi legali. Galeno fu il primo ad avere, nella sua molteplice produzione, qualche allusione a quesiti di medicina forense. E fu proprio a lui, Galeno, che viene attribuito il primo libro di materia medico-legale, sia pure limitato ad un solo argomento: il De quomodo morborum simulantes sint deprehendendi. Esso tratta, come annuncia il titolo, delle simulazioni delle malattie, o pantomima.

Questa eventualità si avverava in caso di schiavi che simulavano malattie inesistenti per esimersi da uffici gravosi. “Per molte ragioni gli uomini simulano di essere malati”, dice il grande medico di Pergamo, “Sembra dunque lecito che il medico sia in grado di scoprire il vero in tutti i casi simili. E gli ignoranti credono che a lui non sia possibile poter distinguere quelli che simulano da coloro che dicono la verità”. Su questo tema egli continua nello studio dei mali simulati, prendendo in esame le forme flemmonose, le infiammazioni cutanee, le forme erisipelatose, ma in particolar modo le emottisi, mettendo in evidenza la possibilità che qualcuno possiede di sputare sangue, richiamando questo da parti prossime alla bocca, senza essere affatto malato di polmoni. In tal modo Galeno ebbe agio di dimostrare la sua perizia e l´acume della sua osservazione anche in un campo che, fino allora, poteva esser detto vergine, ponendosi a capolista di una serie di futuri osservatori e scrittori. Galeno fu il primo a fare un tentativo di riunire le notizie che possono concernere la medicina legale, riguardo alla simulazione delle malattie. Notizie sparse di medicina legale si trovano anche nel Medioevo, ma siamo ancora ben lontani dal poter parlare di un corpus di questa disciplina.

Pur non essendo un´opera specializzata allo scopo, i primi documenti medievali aventi contenuti di rilevanza medico-legale sono le Decretali di Papa Gregorio IX. Questo Pontefice incaricò Raimondo di Pennaforte, salito poi all´onore degli altari, di raccogliere le cinque collezioni di decreti già emanate dai papi precedenti in un solo volume che ebbe appunto il titolo di Decretali, la cui promulgazione avvenne nel 1237. Dalla lettura di esse si apprende, ad esempio, che venivano interpellate le ostetriche per decidere lo stato di verginità, e che queste venivano punite se non eseguivano il loro mandato secondo coscienza. Nelle stesse Decretali è detto che le ispezioni, in genere, dovevano essere eseguite ripetutamente, e da periti onesti e probi. Un argomento legale di particolare importanza, sia dal lato civile che da quello religioso, concerneva la validità del matrimonio e la possibilità del suo annullamento.

Connesso con questo argomento è quello dell´impotenza virile, che viene trattata col titolo De frigidis et maleficiatis et impotentia coeundi. “Frigidi” erano detti gli impotenti riconosciuti tali per cause naturali, mentre “maleficiati” erano coloro che si supponevano vittime di maleficio o di azione diabolica. Altri argomenti interessanti il nostro tema furono quelli riguardanti la legittimità dei figli, per diritto di figliolanza legittima o bastarda. Anche allora fu la legislazione penale, ancor più di quella civile, ad aver bisogno di ricorrere al consiglio del medico: così, infatti, accadeva casi di morte sospetta e, specialmente, in sospetto di veneficio. Quando la vittima era stata uccisa da ferite, veniva chiamato il medico per stabilire la mortalità delle lesioni prodotte dal feritore. In alcuni casi si chiedeva al medico se l´imputato poteva sopportare gli strazi della tortura senza correre pericolo di vita, dato che, prima della sentenza, si poteva tormentare l´imputato, ma non lo si poteva uccidere. Così pure potevano essere chiamati a giudizio i medici allorché si trattasse di stregoneria o malefici, campo nel quale però il soprannaturale cedeva sempre di fronte alla ipotesi di cause naturali. Il giudizio per il risarcimento di ferite o percosse era spesso molto semplice ed escludeva, a volte, la perizia medica.

Ad esempio, nella legislazione germanica, all´epoca dell´invasione dei barbari, in caso di ferita con frattura, si estraevano i frammenti ossei e si lasciavano cadere su di uno scudo metallico: se il rumore era percepibile a dodici passi, il ferito veniva indennizzato in una determinata misura; in caso contrario, l´indennizzo era ridotto alla metà. Nelle leggi di Rotari, una ferita del cuoio capelluto veniva indennizzata con sei soldi, mentre una frattura ne comportava dodici: è evidente pertanto che in questo caso occorreva la perizia di un medico. Altre volte la pena era proporzionata al danno estetico: nella stessa legislazione barbarica, la rottura di denti “che appaiono nel riso” si pagava sedici soldi; in caso contrario, otto. Nelle leggi di Teodorico le ferite erano computate a seconda che il sangue colasse o no per terra, se era accompagnata da frattura, se “transpunxerit aut intra costam plagaverit“, se ledeva o asportava organi dei sensi, ascendendo fino a cento soldi di pena. Così pure era punito il veneficio e la fattura, in diversa misura: col rogo e confisca dei beni, in caso di morte della vittima, con multa di 100 soldi o con il taglio di una mano, o l´avulsione di un occhio, se la vittima rimaneva “insanis vel demens“; in questi casi la decisione spettava a due medici e se i pareri erano discordi, se ne aggiungeva un terzo. A Pisa il nome del medico da inviare a fare la perizia veniva estratto tra tutti quelli esercenti nella città, e gli era corrisposta una paga da 5 a 20 soldi, in città, e da 10 a 20, fuori. Altre volte, invece, il medico non appare quale perito delle ferite e sembra piuttosto  che fosse il giudice ad osservare quante ferite fossero state inferte e da quali uscisse il sangue. Infine il medico veniva chiamato in giudizio a decidere della diagnosi di lebbra. Di solito i Principi dettero importanza al referto del medico e lo dichiararono apertamente nelle loro leggi. Carlo Magno, dopo le dominazioni gote e longobarde, fu il primo ad insistere su questo argomento.

In questo modo trascorse, in tutto il Medioevo, la vita di quella parte della scienza che dovrà chiamarsi medicina legale, e solo nel XVI secolo dovrà apparire il primo segno evidente di una sua maggiore organizzazione. Nello stesso ambito possono essere considerati anche i protomedicati, i quali avevano funzioni medico-legali, o meglio, di legislazione sanitaria.

Abbiamo già visto nel Medioevo che spunti di medicina legale si erano affacciati, sia pure imperfetti e sporadici, nel campo dell´arte sanitaria. Nel Rinascimento questi spunti prendono maggiore consistenza e si inquadrano meglio in limiti più definiti. Il chirurgo francese Ambrogio Paré ebbe, nella sua vasta opera, qualche spunto di questa materia, tanto che alcuni storici vorrebbero riconoscerlo come primo scrittore di materia medico-legale. In verità egli scrisse alcuni capitoli sulla verginità e sulle asfissie, che possono offrire qualche interesse medico-legale: materia però da riconoscere insufficiente per fare del Paré un precursore di questa specialità. Così pure, a semplice titolo di curiosità, possono essere ricordati gli scritti di Jacques Guillemeau (1550-1613) e i due trattati sui mostri e sul parto ottomestrale di Federico Bonaventura, giureconsulto di Urbino, che per il primo affermò la vitalità del feto di otto mesi, contro la comune asserzione. Ma nessuno di questi scritti può avere un reale valore fondamentale per la materia.

Tra la fine del XVI secolo e il principio del XVII, per una strana coincidenza di studi e per un susseguirsi di opere, si ha una fioritura di scritti medico-legali che, in meno di cinquant´anni, costituiscono una vera base di partenza alla specialità. Fu l´anatomico Gianfilippo Ingrassia, medico ricercatissimo, il primo ad occuparsi di medicina legale. Egli scrisse un´opera dal titolo Methodus dandi relationes che era già pronto per la stampa fino dal 1568. Disgraziatamente non venne mai pubblicato e solo ai nostri tempi, precisamente nel 1914, il manoscritto riesumato venne dato alla stampa. In esso è trattato il tema delle mutilazioni, delle perizie per esonerare dalla tortura, il modo di esaminare i deformi e gli avvelenati, le disposizioni e i provvedimenti da usarsi per i lebbrosi, sia che dovessero essere espulsi dalla città, sia che dovessero essere chiusi in casa o che non dovessero essere ammessi ai pubblici ritrovi. Infine viene trattato il tema dell´impotenza sessuale e del maleficio, quello della primogenitura in caso di parti gemellari o plurigemellari.

Un altro tentativo di trattato medico-legale nacque in quell´epoca medesima per opera di Giovanni Battista Codronchi (1547-1628), medico imolese che terminò religiosamente la sua vita vestendo l´abito ecclesiastico a 70 anni. Fu autore assai noto di deontologia ed etica medica, avendo scritto in questo tema il libro De Christiana ac tuta medendi ratione (1591) e Casi di coscienza pertinenti a medici principalmente ed anco a infermieri a sani, ecc. (1589).

Lo scritto veramente interessante ha però il titolo De morbis veneficis ac de veneficiis libri quatuor in quibus non solum certis rationibus veneficia dari demonstrantur sed eorum species causae signa et effectus nova metoda aperiuntur. Esso venne pubblicato in Venezia nel 1595. Opera da citare non tanto per la qualità del contenuto, quanto perché in esso si trova il germe di un futuro ampliamento e svolgimento. Lo stesso Codronchi scrisse un´altra opera di interesse medico-legale dal titolo Methodus testificandi nella quale si intravede, più che non si possa nettamente stabilire, un vasto piano di medicina forense ancorché fosse soltanto allo stato di intuizione.

Siamo ancora però lontani dal poter affermare che la medicina legale si sia nettamente staccata dalla medicina generale. Essa infatti non è ancora costituita e sono sempre i medici generali che applicano la loro attività ad argomenti concernenti i quesiti forensi. Opere più complete di medicina legale furono pubblicate nel secolo seguente, gli autori delle quali cronologicamente appartengono sia al secolo XVI che al XVII.

Il gigante della medicina legale, Paolo Zacchia nacque a Roma nel 1584. Fin dal 1621 aveva cominciato a pubblicare le sue Quaestiones medico-legales. Nel 1644 fu nominato archiatra e protomedico degli Stati Ecclesiastici. D´intelligenza eclettica, fu anche scrittore di versi e di musica, nonché pittore. Otre alle Quaestiones medicolegales (Roma, 1621-1650) scrisse Il vitto quaresimale (Roma, 1637) e il De Malis hipocondriacis (Roma, 1639). L´opera sua principale ha il titolo Quaestiones medicolegates in quibus eae materiae medicae quae ad legates facultates pertinere videntur, pertractantur et resolvuntur (Roma 1621-1665; Amsterdam 1650). Il titolo esplicativo e dettagliato, come era l´uso del tempo, spiega a sufficienza il contenuto del testo. In esso si osservano esaurientemente tutte le materie mediche che concernono le questioni legali.  L´opera è divisa in nove libri, complessivamente di un migliaio di pagine, le quali esauriscono l´argomento della medicina legale in ogni sua particolarità. Le affermazioni sono tutte fatte in base all´autorità dei più noti teologi, giureconsulti, medici e filosofi. Ogni libro tratta di un argomento determinato e si divide in più “titoli” i quali sono una specie di paragrafi, suddividenti l´argomento nelle sue varie parti.

Rappresentando l´opera dello Zacchia la parola del medico nel giudizio legale, ma, nello stesso tempo, non potendosi mettere in aperto contrasto verso le leggi stesse, è chiaro che l´autore, anche se avesse avuto un criterio di giudizio totalmente contrario a quello vigente nella sua epoca, non avrebbe trovato campo di esporlo in un´opera che doveva rappresentare la parola ufficiale in materia. Tuttavia, assai sovente fa capolino la giusta intuizione di taluni campi che, solo più tardi, dovranno essere più chiaramente illuminati. Tale, per esempio, il giudizio dell´autore sulla possessione diabolica, nel quale egli trova una specie di compromesso tra scienza e fede religiosa, compromesso che gli fa affermare essere gli umori melanconici i più adatti ad attirare l´ospite infernale.

Nella sua opera, anche negli argomenti che erano frutto immediato dei tempi, lo Zacchia porta una certa serenità di giudizio, quando non dimostra una chiara intuizione delle future concezioni patologiche.

Tutte le questioni sono trattate con sicura e profonda conoscenza dell´argomento, basata sulla testimonianza dei più celebri medici e giureconsulti nonché sulla esperienza pratica, vastissima, dei singoli casi. Non vi fu libro che riscuotesse maggiore plauso e maggiore fiducia: Haller, dopo circa un secolo e mezzo, ne parlava ancora e ne scriveva con vero entusiasmo, e Portal chiedeva che fosse ancora usato come testo in tutte le università di Francia; Pasteur lo lodava per la profonda erudizione.

Altri autori si occuparono, sebbene in minor misura e con minore importanza, dello stesso argomento; tale, per esempio, Roderico de Castro, portoghese, nato a Lisbona nel 1546 e morto in Amburgo, nel 1627, dopo essere stato insegnante di filosofia e medicina in quella città fin dal 1596. Egli fu autore di un trattato Medicus politicus seu de oficiis medicopoliticis che fu pubblicato nel 1614 e nel quale egli espone il compito del medico chiamato a stendere le perizie di cui riporta la formula.

Un altro che si occupò di argomento medico legale fu Giovanni Bohn (1640-1718) il quale, in Germania, nel 1689 pubblicò un libro sull´esame delle ferite mortali, trattando tale soggetto in maniera veramente scientifica. Egli ebbe anche il merito di prescrivere il procedimento nelle autopsie medico-legali, nelle quali richiese che si procedesse all´apertura di tutte le cavità. Come si è visto, molteplice era l´ingerenza del medico negli argomenti legali; ma uno di questi, forse più degli altri può attirare la curiosità: l´ufficio che il medico aveva nella esecuzione degli atti della cosiddetta “giustizia”. E noto infatti, che, durante i processi, i giudici si potevano valere, come in realtà si valevano, della tortura per conoscere, o credere di conoscere, dall´imputato la verità che, appunto per il dolore, veniva troppo spesso falsata. Orbene, nell´applicazione di questo supplizio il giudice domandava al medico se l´imputato poteva esservi sottoposto: infatti parecchie infermità lo esoneravano da questo atroce procedimento giudiziario.

Molte trattazioni furono compilate in questo periodo storico su tale particolare ufficio del medico; in dette opere, oltre a far presenti tutti i danni derivanti dalla tortura e la poca attendibilità delle risposte ottenute per mezzo di essa, si elencano le malattie che il medico può addurre ad esonero dell´imputato. La gravidanza prima di tutto, il puerperio, le mestruazioni, l´allattamento, l´isterismo, l´epilessia, l´ipocondria, la mania e il delirio; le malattie acute febbrili e particolarmente la pleurite, nonché i flussi di sangue compreso quello emorroidario; l´asma, la tubercolosi, l´ascite e persino l´obesità, poiché vi era pericolo di far rimanere i pazienti soffocati sotto le percosse; tutte le sindromi dolorose (podagra, coliche, artrite) la cachessia, l´itterizia, lo scorbuto, la scrofola, l´anasarca poiché le battiture degeneravano in cancrena; l´aneurisma, l´ernia, il prolasso rettale, la cecità, il sordomutismo. Il medico, infine, poteva esonerare anche dall´estremo supplizio coloro che erano affetti da malattia acuta pericolosa e i malati di mente. Larga era quindi la pertinenza medica nel procedimento giudiziario: forse più di quanto comunemente non possa credersi.

Dopo il fondamentale incremento dato a questa materia dalla pubblicazione di Zacchia, la medicina legale non ebbe, nel secolo XVIII, un impulso parimenti notevole, anche se gli studi a riguardo meritano sempre una doverosa attenzione. Anche in questo secolo l´Italia tiene, in materia, un posto preminente, sia per il numero dei medici che si occuparono dell´argomento, sia per l´importanza dei soggetti presi in esame.

È pure da mettere in rilievo il fatto che, fin da quest´epoca, si agita il problema dell´insegnamento di cui dimostrò particolarmente la necessità Giuseppe Tortosa da Vicenza (1743-1811), il quale ne trattò nella sua Istituzione di Medicina forense (1801), insegnamento che, nella seconda metà del secolo, si impartiva nell´università di Pavia. Nel 1786, infatti, insegnava in quella università Giuseppe Ramponi che, professore di Istituzioni mediche fin dal 1771, divenne poi il titolare di patologia speciale, medicina e chirurgia forense e polizia medica. Il suo insegnamento durò fino al 1790 e venne proseguito da Giuseppe Raggi (1752-1816). Gli argomenti che più comunemente erano trattati in quell´epoca furono: la morte per asfissia e per gas deleteri o per annegamento, le morti apparenti, i vari problemi attinenti la chirurgia forense, oltre le trattazioni generali.  Un nuovo fatto, in tema di esecuzioni capitali, caratterizzò il secolo XVIII, e fu l´introduzione della ghigliottina, strumento studiato e presentato da due chirurghi, Antoine Louis (1723-1792) e Joseph-Ignace Guillotin (1738-1814), all´Accademia di Francia in sostituzione del vecchio sistema in uso.

Per quanto riguarda i lavori italiani compiuti su argomenti vari di medicina legale, ricordiamo gli studi di Bassiano Carminati, (1750-1830) e di Giuseppe Antonio Testa per le morti per gas deleteri e per asfissia, quelli di Marcello Marin e di Eusebio Squario per la morte apparente, oppure quelli per la morte per annegamento, di Francesco Serao, il quale dimostrò che questa morte non dipende dalla materiale invasione dell´acqua nello stomaco e nei polmoni. Sono inoltre da ricordare Matteo Basani, Paolo Valcarenghi, Vincenzo Bonomi di Ferrara, protomedico che si occupò di deontologia, Tommaso Matteo Celoni, romano, che trattò di chirurgia forense. Tra coloro che, pur essendo versati in altri campi, si occuparono anche di questa materia, vanno ricordati: Antonio Cocchi, Andrea Pasta e, sopra tutti, Giacomo Bartolomeo Beccari (1682-1766) autore di “Consulti” medico-legali, conosciuti ed apprezzati in Italia e all´estero. In questo periodo si diffondono anche tutti i provvedimenti, bandi, ordinanze per la difesa dai contagi, per la bonifica delle zone malariche, per la vaiolizzazione, per l´igiene pubblica concernente gli ospedali, le carceri ed altri luoghi di pubblico servizio.

– XIX secolo: la medicina legale come scienza sociale

Già con l´opera di Bernardino Ramazzini la medicina era entrata più francamente nella compagine sociale, recando i benefici dei suoi studi e delle sue osservazioni ad un più vasto campo che non fosse quello, già vasto, dei malati. L´azione del medico che, con il più chiaro esempio di Paolo Zacchia, si affiancata alle leggi per illuminare il legislatore sulla applicazione di esse, si era andata estendendo ad altri problemi i quali, non meno che nell´ambito propriamente legale, richiedevano la parola del sanitario per proteggere e per difendere da oscuri pericoli la salute della massa in generale e di talune classi in particolare. La medicina entra, in tal modo, in funzione nettamente sociale arrogando allo Stato non solo il compito di tutela della popolazione per mezzo di leggi civili e penali, ma pure della pubblica salute, sia in casi di calamità, sia in condizioni normali per prevenire le calamità stesse o per prevenire danni concernenti determinate categorie. Un´opera così vasta, prende maggiore piede nel XIX secolo, entrando in particolari azioni e prendendo sotto la sua giurisprudenza argomenti che, o erano sfuggiti, o erano stati osservati con non sufficiente attenzione. Il progredire delle scienze sussidiarie, le migliori conoscenze di biologia, di tossicologia, di anatomia patologica e di igiene dettero miglior agio alla medicina legale di applicare le sue ricerche ad un più vasto campo di azione

– Dal XIX secolo al XX secolo: l’esperienza italiana a confronto con quella europea.

La medicina legale trovò in Italia il suo migliore fiorire; nata per merito di italiani, ebbe per la geniale attività degli stessi, il suo ulteriore incremento, fino a raggiungere lo stato attuale, con le molteplici espressioni di medicina pubblica, politica, corporativa. Uno dei più importanti impulsi dato a questo genere di studi fu certamente costituito dall´opera di Cesare Lombroso, per la quale sorge la nuova figura del criminale e con essa la nuova concezione legale concernente il suo operato. Connessa a questa nuova concezione è tutta la serie di ricerche che condussero alla costituzione della polizia scientifica, basata su concetti ben determinati e tali da inquadrare questa importante attività dello Stato nei limiti di una vera scienza che si giova di numerosi apporti di ricerche e scoperte di scienze collaterali. Importanti furono anche quelle ricerche concernenti lo studio della identità che egli raccolse nel libro La medicina legale del cadavere.

Un nuovo aspetto di questa dottrina fu quello dedicato alle assicurazioni ed all´infortunistica, merito particolare di Lorenzo Borri che, seguendo l´indirizzo del Filippi, applicò la medicina legale a tutte quelle questioni giuridiche che richiedessero il giudizio del medico. Si vennero ad impiantare, in tal modo, i primi fondamenti del concetto di infortunio, distinto da quello di malattia professionale. Se, cronologicamente, la legislazione sulle assicurazioni sociali ed infortuni sorse in Italia in epoca posteriore a quella in cui ebbe vita nelle altre Nazioni, non è vero, per questo, che la nostra nazione abbia copiato quelle straniere.