Un sistema di viti divergenti che permette al paziente anziano di ridurre al minimo le perdite ematiche postoperatorie e permettendogli una deambulazione immediata.

Le fratture pertocanteriche possono essere, oggi, trattate con l’innovativo sistema di sintesi mini invasivo “Dilops” ideato e brevettato dal Prof. Paolo Palombi. “Dilops” è un sistema di viti divergenti montate a stabilità angolare su una mini placca sagomata in titanio che unisce al vantaggio della mini invasività, una stabilità assoluta che permette al paziente anziano di ridurre al minimo le perdite ematiche post-operatorie, permettendogli così di riprendere la deambulazione immediata. Il sistema a viti divergenti “Dilops” nasce per coniugare la mini invasività di una sintesi per fratture laterali di collo femore con la robustezza e l’affidabilità dell’impianto. La mini invasività è intesa non solo come incisione cutanea ma, soprattutto, come rispetto nei riguardi del patrimonio osseo, muscolo tendineo ed ematico. Per comprendere le caratteristiche che conferiscono a questo sistema la grande robustezza, bisogna ricordare le nozioni più elementari di biomeccanica dei carichi femorali: sappiamo che fra l’asse meccanico gravitario che passa in corrispondenza della testa femorale e l’asse anatomico, rappresentato dalla diafisi femorale, intercorre una distanza che corrisponde all’off-set e che crea un momento di coppia; questo momento mette in crisi il femore integro se viene caricato fino oltre la sua resistenza portandolo alla rottura e mette in crisi tutti i sistemi sotto sollecitazione. Oggi disponiamo di viti-placche a scivolamento e di chiodi endomidollari. Nel primo sistema, abbiamo un momento di coppia molto ampio perché la placca avvitata dista molto dall’asse di carico gravitario e pertanto, se non è sufficientemente lunga, non può contenere le forze del carico che vanno a scaricarsi, per il momento di coppia, sulle viti laterali che sono sollecitate in trazione: placche corte con poche viti possono con facilità mobilizzarsi per la estrazione delle viti. La situazione biomeccanica è più favorevole per i chiodi endomidollari perché le forze determinate dal momento di coppia vanno a estrinsecarsi più medialmente, dentro il canale midollare e per di più non in trazione su viti, ma in compressione sull’endostiolaterale del canale. Il sistema “Dilops” si prefigge di accorciare ulteriormente il momento di coppia andando a scaricare le forze gravitarie sulla robusta corticale femorale mediale mediante un sistema che configura un arco ideale. L’arco ideale deve portare le forze gravitarie là dove vengono convogliate naturalmente attraverso l’arco di Adams, cioè proprio sulla robusta corticale mediale.

Il sistema “Dilops” configura un arco con appoggi multipli sulla corticale mediale: le viti sono sollecitate da forze in pressione con direzione distale e laterale grazie alla fissità angolare che caratterizza la placca: quindi, non lavorano in trazione come normalmente si utilizza una vite ma in pressione laterale: se si volessero pertanto idealmente sostituire con dei fittoni avvitati alla placca ma senza alcuna filettatura distale, essi esplicherebbero ugualmente la funzione di trasmissione delle forze alla corticale mediale riproducendo comunque la funzione dell’arco ideale della “Dilops”. La piccola placca va, quindi, considerata un semplice raccordo per la trasmissione dei carichi dalle lunghe viti cefaliche alle lunghe viti diafisarie lasciando integra la elasticità del sistema. Le lunghe viti cefaliche sono plurime per poter permettere al sistema di essere più elastico di una sintesi con vite spessa ed unica, poi per conferire al sistema più protezione dalle sollecitazioni torsionali cui è soggetto il collo femore ed infine per poter essere infisse tutte nella regione più robusta del calcar femorale, passando quindi la inferiore sotto il triangolo di Ward e le superiori lateralmente adesso. Molti i vantaggi che il sistema offre rispetto alle sintesi con vite placca: in primis, l’accesso mini invasivo, il rispetto del muro laterale, l’incremento della stabilità (trasmissione dei carichi sulla corticale mediale), la maggiore elasticità e il maggior effetto antirotazionale.