DEFINIZIONE

La neurologia è quella branca della medicina che studia le patologie inerenti il SNC/Sistema Nervoso Centrale (cervello, cervelletto, tronco encefalico e midollo spinale); il Sistema Periferico Somatico (radici e gangli spinali, plessi e tronchi nervosi) ed il SNA/Sistema Nervoso Periferico Autonomo (gangli simpatici e parasimpatici, plessi extraviscerali ed intraviscerali).

Fino agli anni settanta in Italia la trattazione delle malattie del Sistema Nervoso includeva in un unico “corpus” sia le patologie della mente che le patologie “organiche”, per cui la disciplina allora professata era definita “neuropsichiatria“.

Anche in seguito alla riforma ispirata da Franco Basaglia, i due ambiti vennero articolati, scientificamente, clinicamente e didatticamente, in neurologia e psichiatria. In tutto il mondo i due ambiti di studio sono solitamente praticati separatamente, indipendentemente dall´esperienza italiana, soprattutto per l´enorme mole di dati e conoscenze che entrambi hanno accumulato negli ultimi 50 anni, e per cui risulta ormai difficile condensarli in un solo ciclo di insegnamento.

CENNI STORICI

Lo sviluppo della Neurologia, forse più di ogni altra branca delle medicina, è stato, nel corso dei secoli, influenzato profondamente dalle condizioni storiche che di volta in volta hanno favorito o limitato il processo del pensiero umano. Il motivo di ciò risiede probabilmente nella stretta contiguità che c’è stata per oltre venti secoli tra filosofia e neurologia: il cervello è sede del pensiero ed il pensiero ha consentito all’uomo la “prometeica” impresa del confronto con la divinità.

Le prime descrizioni del sistema nervoso si riscontrano già nel papiro di Edwin Smith, copia redatta nel 1700 a.C., e consistono in sintetiche descrizioni di traumi cranici.

Ma, come in generale in tutta la medicina convenzionale, i primi tentativi di conoscenza del cervello, scevri da convinzioni magiche o religiose, sono attribuiti a Ippocrate, padre della medicina moderna. A lui, in particolare, si deve l’acquisizione, per noi oggi scontata, del cervello come sede del pensiero (contestata paradossalmente proprio da Aristotele, fondatore della logica occidentale).

In età romana, importanti progressi furono compiuti non solo grazie all’opera del celebre Galeno, ma anche, successivamente, di Areteo, il quale iniziò a descrivere e catalogare le principali affezioni del cervello, dalla cefalea all’epilessia.

Nel Medioevo, con la dominante cultura cristiana che scindeva anima e corpo invitando a porre l’attenzione più sulla prima che sul secondo, ci fu un rallentamento del progresso scientifico. Un rallentamento che però non fermò il sotterraneo fermento di ricerche alchemiche, destinato in pochi secoli a culminare  nel neoplatonismo rinascimentale.

Dall’umanesimo in poi, col progressivo spostarsi del centro d’interesse filosofico dal divino all’umano, assisteremo a un progressivo rifiorire degli studi e delle ricerche sul cervello, grazie anche alla rivoluzione operata da Andrea Vesalio (1514-1564), il fondatore dell’anatomia moderna.

Nel Seicento nasce il termine neurologia, coniato da Thomas Willis, al quale si deve la prima completa descrizione del sistema nervoso nel suo testo “Cerebri Anatome”, con una classificazione dei nervi cranici in dieci paia e una descrizione molto dettagliata della disposizione dei vasi alla base del cranio (il Poligono di Willis). Contribuì anche alla terminologia medica, coniando la parola Neurologia per indicare la disciplina che studia il sistema nervoso, ed il termine corpo striato per i gangli della base.

Il medico filosofo francese Renè Descartes, conosciuto in Italia come Cartesio, riteneva di poter descrivere l’attività nervosa in termini meccanici: le sensazioni avevano luogo quando la stimolazione di un nervo sensitivo, afferente ai ventricoli cerebrali, apriva una sorta di valvola che consentiva allo spirito di fuoriuscire lungo i nervi motori producendo il movimento.

Albrecht Von Haller (1708-1777) distinse chiaramente l’irritabilità o contrattilità dalla sensibilità. Questi concetti diedero inizio alla moderna fisiologia del sistema nervoso. Il fenomeno dell’azione riflessa fu approfondito da Robert Whytt (1714-1766) con una serie di osservazioni sulla rana.

L’elettrofisiologia nacque grazie agli esperimenti di Luigi Galvani (1737-1798) sulla rana. La dimostrazione dell’elettricità animale fece cadere l’antica ipotesi che identificava nello spirito animale l’energia attivante il sistema nervoso.

Giovan Battista Morgagni (1682-1771) pose i fondamenti della moderna neuropatologia descrivendo l’idrocefalo, i tumori, la paralisi cerebrale infantile. Domenico Cotugno invece fece un’accurata descrizione del liquido cerebrospinale.

Il progresso della Neurologia, sia in ambito clinico che nella ricerca di base, nell’800 fu imponente. Essenziali furono infatti le applicazioni delle numerose innovazioni tecnologiche che si resero via via disponibili nel corso del secolo: dall’introduzione delle lenti acromatiche, che permisero la correzione di numerosi errori nello studio istologico del sistema nervoso, all’invenzione dell’obiettivo ad immersione; dall’impiego delle tecniche di fissazione tissutale, prima con alcool, più tardi con formaldeide, all’uso del microtomo; dall’applicazione delle colorazioni selettive del tessuto nervoso, all’introduzione dello studio della degenerazione delle fibre per ricostruire le complesse connessioni delle vie nervose.

Nei primi anni del XIX secolo, Luigi Rolando fece un’accurata descrizione delle circonvoluzioni cerebrali e della scissura omonima. Gli studi sulla funzione motoria delle radici anteriori da parte di Charles Bell e portati a compimento da Megendie che descrisse la funzione sensitiva delle radici posteriori, furono acquisizioni di notevole importanza in questo secolo.

Anche nell’ambito della neuroistologia le scoperte si susseguirono rapidamente. Theodor Schwann (1810-1882) descrisse, nel 1838, la guaina mielinica; un anno prima, Johannes Purkinje (1787-1869) aveva identificato le cellule nervose nel cervelletto. Nel 1850 August Walzer (1816-1870) diede la dimostrazione che la sezione di un fascicolo nervoso provocava la degenerazione del suo tratto distale; questa scoperta fornì la base per lo studio del decorso delle vie nervose.

Hainrich Waldeyer (1827-1921) sostenne il concetto dell’autonomia delle singole cellule nervose; a lui si deve la descrizione dell’unità strutturale di base del sistema nervoso che egli denominò “neurone”. L’ipotesi del neurone inteso come cellula individuale venne anche sostenuta e confermata da Santiago Ramon y Cajal (1852-1934) che smentì quindi la teoria di Camillo Golgi (1843-1926) in cui si suggeriva che le cellule nervose fossero interconnesse formando una sorta di reticolo diffuso privo di soluzione di continuità.

Nell’ultimo secolo si accentua la suddivisione specialistica degli ambiti di indagine e al tempo stesso si sviluppa un fecondo intersecarsi di apporti interdisciplinari. L’introduzione di una nuova scoperta giunge a influenzare in maniera determinante alcune discipline, o addirittura a originarne di nuove. Basti ricordare le vastissime ricadute, anche in neurologia, della scoperta dei raggi X nel 1896 da parte di William Roentgen; o dell’ipotesi avanzata e poi verificata da Paul Ehrlich della possibilità di attuale una sterilisatio magna in grado di distruggere selettivamente gli agenti patogeni all’interno dell’organismo umano senza danneggiarne le cellule (impiego nel 1909 del primo chemioterapico, il Salvarsan, nelle cura della lue).

Questa realtà si origina con la possibilità di diffondere e confrontare l’informazione in maniera sempre più celere e capillare: a partire dall’invenzione quattrocentesca della stampa, al libro si sono via via affiancati modi più rapidi e, recentemente, interattivi per l’esposizione dei dati ottenuti in tempo reale: l’articolo, il congresso, il mezzo audiovisivo, la rete informatica.

E’ impensabile considerare, anche solo brevemente, gli sviluppi in cui il sapere neurologico è andato suddividendosi. Basti considerare solo qualche aspetto saliente.

Tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo la natura chimica dell’impulso nervoso viene dimostrata da Charles Scherrington (1857-1952), che conia il termine “sinapsi” e da Otto Loewi e Henry Dale, che in una serie di lavori pubblicati fra il 1914 e il 1936 identificano l’acetilcolina.

Nasce la neurofarmacologia, che renderà curabili numerose affezioni proprio utilizzando in gran parte farmaci che agiscono sulla neurotrasmissione. Basti ricordare la rivoluzione terapeutica verificatasi nella cura dei due malattie: l’epilessia ed il morbo di Parkinson.

PRESENZA IN ITALIA ED EFFICACIA SULLA POPOLAZIONE

Risulta molto complicato fornire un quadro completo in tal senso, proviamo a proporre una sintesi dei casi più diffusi.

Ogni anno in Europa le malattie mentali colpiscono un cittadino su quattro. Solo la depressione interessa più di 18 milioni di persone. E´ quanto emerge dalla lettura del Libro Verde adottato dalla Commissione Europea. Secondo quanto rileva la Commissione, il numero di suicidi, a causa di disturbi psichici è maggiore di quello delle vittime per incidenti stradali. Inoltre la depressione, tra i principali disturbi, colpisce ogni anno oltre il 6% della popolazione europea.

Sono 600 mila i malati di Alzheimer. Tanti sono gli italiani che soffrono di questa terribile malattia neurodegenerativa che, nel nostro Paese, conta ben 80 mila nuovi casi l´anno. Numeri destinati a salire, tanto che gli esperti sostengono che nel 2025 i malati di Alzheimer potrebbero addirittura raddoppiare considerando il progressivo invecchiamento della popolazione. Una vera e propria bomba a orologeria, dunque, che dovrebbe imporre ai governi politiche sanitarie che tengano conto del problema e delle risorse necessarie per affrontarlo. Intanto, per garantire ai malati la miglior cura possibile e la migliore qualità di vita, un team tutto italiano di epidemiologi, geriatri, neurologi e psichiatri ha messo a punto le prime linee guida ´made in Italy´ sulla malattia. Punti fermi: diagnosi tempestiva e trattamento farmacologico costante e completo. Ma anche terapie non convenzionali come musicoterapia e aromaterapia, nonché una rete di servizi che consenta al malato di gestire al meglio il decorso della malattia, e ai familiari di non essere lasciati soli a fronteggiare una patologia con cui è davvero difficile fare i conti.

Epilessia

Ne sono affetti circa 500.000 italiani: ogni anno vengono diagnosticati almeno 30.000 nuovi casi. Nonostante i numeri, l’epilessia è ancora una patologia sconosciuta. A denunciare la situazione è la LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia). I pregiudizi sono ancora molti e quel che è peggio è che a risentirne sono maggiormente i bambini e gli adolescenti. Nei tre quarti dei casi infatti, l’insorgenza della malattia avviene prima dei 20 anni, per lo più in età scolare. Per questo l’associazione ha deciso di far conoscere i dati di una ricerca Doxa condotta al riguardo su 600 insegnanti delle scuole primarie e secondarie inferiori. Il  99,7% degli intervistati ha affermato di conoscere la malattia, il 75% dei quali per esperienza diretta (parenti, alunni, conoscenti).

Purtroppo però questa  conoscenza si è rivelata nei contenuti piuttosto limitata. Il 60% dei docenti ritiene ancora che l’epilessia sia una patologia rarissima, per lo più ereditaria ed inguaribile. Il 64% di loro afferma di non sapere come comportarsi di fronte ad una crisi epilettica e, cosa ancora peggiore, il 58 % degli insegnanti effettuerebbe in caso di bisogno manovre assolutamente errate, come mettere qualcosa in bocca al bimbo o tenerlo fermo.

Distrofie muscolari

Le distrofie muscolari sono disordini miogenici ereditari caratterizzati da miastenia e degenerazione muscolare progressiva. Tali malattie possono essere suddivise in diversi gruppi a seconda della distribuzione della debolezza muscolare: forme di Duchenne e Becker, forma di Emery-Dreifuss, forme distali, facio-scapolo-omerali, oculofaringee. In alcune forme anche il cuore può essere gravemente compromesso. I tassi annuali medi di incidenza della distrofia muscolare di Duchenne sono compresi tra 19 e 29,5 casi per 100.000 maschi nati vivi, i tassi di prevalenza tra 1.7 e 7.1 casi per 100.000 abitanti. La frequenza della distrofia muscolare tipo Becker per la quale esistono scarse evidenze, sembra esser da 4 a 10 volte minore di quella tipo Duchenne. L’incidenza varia da 2.5 a 6.7 casi per 100.000 maschi nati vivi e la prevalenza da 0.1 a 1.3 casi per 100.000 abitanti. La malattia di Duchenne, che rappresenta la forma più comune di distrofia muscolare, è dovuta ad una mutazione del gene che codifica per la proteina distrofina nel cromosoma X. La malattia si manifesta nell’infanzia, colpisce il muscolo scheletrico determinando degenerazione delle fibre muscolari, paralisi progressiva e morte precoce, che sopravviene in genere per complicanze respiratorie. A parte il miglioramento del livello di assistenza (che consente oggi di prolungare la sopravvivenza dei pazienti fino alla terza decade di vita, grazie soprattutto all’assistenza della funzionalità respiratoria), al momento non esiste nessuna terapia efficace per questa malattia. La ricerca scientifica è orientata verso la terapia cellulare e genica. Studi sperimentali condotti nel cane golden retriever (il miglior modello sperimentale disponibile per questa malattia) hanno dimostrato che la somministrazione di mesoangioblasti (cellule staminali del comparto vascolare) ha un effetto benefico sull’espressione di distrofina, sulla morfologia e sulla funzionalità muscolare. I mesoangioblasti rappresentano quindi dei candidati per una possibile terapia cellulare della distrofia muscolare. Negli ultimi anni sono stati condotti anche diversi studi di terapia genica basati sull’uso di virus adeno-associati, plasmidi e oligonucleotidi antisenso. Allo stato attuale, tuttavia, l’approccio ideale di terapia genica per le distrofie muscolari resta da definire.

Locked-in sindrome (LIS)

La definizione di Locked-in sindrome (LIS) è stata coniata negli anni ’60 per indicare una condizione neurologica associata ad infarto della regione anteriore del ponte e caratterizzata da normale stato di vigilanza, anartria, paralisi subtotale dei nervi cranici e quadriplegia. Il termine indica appunto lo stato del paziente che, in pieno stato di coscienza, è letteramente “imprigionato” in un corpo incapace di reagire e comunicare, ad eccezione della possibilità di aprire e chiudere le palpebre. Oltre alla classica origine vascolare, che è quella associata alla prognosi peggiore, la LIS può anche essere causata da malattie quali sindrome di Guillain-Barré, sclerosi laterale amiotrofica, miastenia, poliomelite e grave ipofosfatemia. A parte il trattamento standard della condizione clinica di base, l’approccio terapeutico alla LIS consiste nell’assistenza clinica intensiva e nella riabilitazione (supporto respiratorio, fisioterapia, logopedia, riabilitazione alla deglutizione, ecc.).

Sclerosi laterale amiotrofica (SLA)

La SLA è una malattia neurologica rapidamente letale ed attualmente incurabile, caratterizzata dal punto vista anatomo-patologico da una degenerazione selettiva dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali e, clinicamente, da fascicolazioni, atrofia muscolare ingravescente, paraparesi spastica, disartria, difficoltà a masticare e deglutire, disturbi respiratori e sincope cardiaca. L’incidenza media della SLA è di circa 2-3 casi per 100.000 abitanti mentre la prevalenza è pari a circa 4-6 casi per 100.000 abitanti . La patologia è altamente letale e circa il 50% dei pazienti muore entro 3-5 anni. Sebbene negli ultimi anni siano stati sperimentati in clinica numerosi trattamenti che si erano rivelati efficaci nei modelli animali, tra questi solo il riluzolo, l’unico farmaco approvato con l’indicazione in questa malattia, ha mostrato una sia pur modestissima efficacia nei pazienti. Nel mese di febbraio del 2008 sono stati pubblicati i risultati di uno studio clinico pilota, condotto in Italia, su 44 pazienti affetti da SLA e con una durata della malattia inferiore a 5 anni. Sedici pazienti erano trattati con sali di litio e riluzolo, 28 con solo riluzolo. A 15 mesi il gruppo dei pazienti trattati con riluzolo e sali di litio ha mostrato un aumento significativo della sopravvivenza (circa + 30%) e un rallentamento della progressione della malattia rispetto al gruppo dei pazienti trattati con solo riluzolo. L’Istituto Superiore di sanità sta attualmente coordinando uno studio clinico multicentrico di fase III per chiarire il reale potenziale terapeutico dei sali di litio nella SLA. Altri potenziali approcci terapeutici che vengono attualmente presi in considerazione nella SLA comprendono la terapia cellulare (impianto di cellule staminali mesenchimali all’interno del midollo spinale, o iniezione periferica dopo irradiazione) e la somministrazione di fattori trofici tramite terapia genica o trapianto cellulare.

Atrofia muscolare spinale

L’atrofia muscolare spinale (AMS) è una malattia neuromuscolare dell’infanzia e dell’adolescenza causata dalla degenerazione delle cellule del corno anteriore del midollo e caratterizzata da debolezza muscolare progressiva. La malattia si trasmette con carattere autosomico recessivo ed è dovuta alla mutazione o alla delezione del gene SMN1 (Survival Motor Neuron). L’incidenza varia da 1:6.000 a 1:10.000 casi all’anno. L’andamento tipico è rappresentato da ipostenia degli arti, più prossimale che distale, con coinvolgimento più precoce degli arti inferiori. In genere sono colpiti anche i muscoli intercostali, e possono essere presenti anche tremori delle dita e fascicolazioni della lingua. La sopravvivenza dipende dalle funzionalità respiratoria. Esistono tre tipi principali di AMS. Il tipo I (che rappresenta la forma più comune, nota anche come AMS acuta o malattia di Werdnig-Hoffmann), si manifesta entro i primi 6 mesi di vita ed è caratterizzata da ipostenia grave e progressiva e da ipotonia. I bambini colpiti dalla malattia non acquisiranno mai la capicità di sedersi senza supporto e, in assenza di supporto intensivo, muoiono entro i due anni di vita. Il tipo II è una forma intermedia (forma giovanile, o cronica) che si manifesta tra i 6 e i 18 mesi. I bambini colpiti riescono a sedersi in maniera indipendente, ma non saranno mai in grado di camminare ed in genere presentano complicanze polmonari e ortopediche. I pazienti possono sopravvivere fino all’età dell’adolescenza ed anche oltre. Il tipo III (malattia di Wohlfart-Kugelberg-Welander) si manifesta dopo i 18 mesi di vita, non compromette necessariamente la deambulazione e può associarsi ad un’aspettativa di vita normale. Diverse terapie sperimentali sono state testate nella AMS, tra cui riluzolo, TRH, gabapentina, fenilbutirrato, creatina, creatinina, valproato, salbutamolo, idrossiurea. Al momento attuale, tuttavia, nessuno di questi trattamenti si è confermato efficace in trial randomizzati e controllati.

Sclerosi multipla in fase avanzata

I tassi di prevalenza per sclerosi multipla sono compresi in Italia tra 30 e 60 casi per 100.000 abitanti . I tassi di incidenza risultano compresi tra 1.8 e 3.5 casi di sclerosi multipla definita e probabile per 100.000 esposti per anno. La sclerosi multipla (SM) e’ una malattia infiammatoria del sistema nervoso centrale che causa deficit neurologici di tipo motorio, sensoriale e, in alcuni casi, cognitivo. Attualmente, si stima che circa l’85% delle persone con sclerosi multipla ha una forma di malattia caratterizzata da periodi di benessere alternati a periodi di ricaduta neurologica (SM recidivante-remittente), mentre circa il 10% è affetto da una forma caratterizzata dal progressivo deterioramento delle funzioni, senza remissioni (SM primaria-progressiva). Dopo alcuni anni di malattia, l’80% delle persone con SM remissiva-remittente sviluppano una fase progressiva detta secondaria. Nessuna delle terapie immunosoppressive e immunomodulatorie utilizzate per trattare la SM recidivante-remittente e’ efficace nelle forme progressive, probabilmente perche’ in queste ultime la componente neurodegenerativa predomina rispetto alla componente infiammatoria. La ricerca scientifica e’ orientata a comprendere i meccanismi implicati nei processi neurodegenerativi, a individuare marcatori biologici e di risonanza magnetica con valore predittivo per l’evoluzione della malattia e la risposta ai trattamenti, e a identificare i fattori di rischio genetici e ambientali implicati nello sviluppo e nel decorso clinico della SM.

SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA’ E CORSI DI AGGIORNAMENTO

Per accedere alla professione di neurologo è necessario prima laurearsi in medicina e chirurgia e successivamente entrare a far parte delle numerose Scuole di Specializzazione organizzate presso le Università italiane, che nel dettaglio sono quelle di:

Pavia, Verona, Messina, Roma Campus Bio-medico, Bari, Brescia, Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti, Ferrara, Firenze, Genova, L’Aquila, Milano, Milano Bicocca, Milano S. Raffaele, Modena, Napoli Federico II, Napoli, Padova, Palermo, Parma, Piemonte Orientale con sede a Novara, Perugia, Pisa, Roma Tor Vergata, Roma La Sapienza, Roma Cattolica, Siena, Torino, Trieste, Foggia, Università Politecnica delle Marche con sede ad Ancona, Udine.

TRATTATO DESCRITTIVO

La parola cervello ha subìto nel corso della storia della medicina diverse variazioni semantiche, a cui non son corrisposti identici viraggi nel linguaggio comune. Ulteriore confusione è ingenerata anche dalla scarsa conoscenza dell´uso che della parola viene fatta nella letteratura scientifica anglosassone, nella quale, tra l´altro, si utilizzano abbondantemente anche i corrispettivi latini o greci.

Quindi, comunemente, per “cervello” si può intendere l´insieme delle parti del sistema nervoso centrale contenute nella scatola cranica, denominate più propriamente encefalo. In campo scientifico la parola cervello invece indica l´insieme di telencefalo e diencefalo, in embriologia conosciuto anche come prosencefalo.

Il cervello è diviso in due metà (emisferi) da un solco: abbiamo così emisfero destro ed emisfero sinistro. La sostanza grigia è l´insieme dei corpi dei neuroni, dai quali originano le fibre nervose. Queste fibre determinano la sostanza bianca, che è composta dai cordoni di fibre nervose.

Ognuno dei due emisferi svolge quindi dei compiti unici per questo motivo possiamo definirli gli specialisti del cervello.

L´emisfero sinistro, essendo quello razionale, è sede del conscio ed elabora quindi le informazioni vitali a breve termine.

L´emisfero destro, invece, è sede dell´inconscio (per definirlo come diceva Freud “è quella parte di cervello che fa cose di cui non mi accorgo”) ed elabora informazioni a medio e lungo termine.

I due emisferi sono infine messi in comunicazione dal corpo calloso. Il corpo calloso è una voluminosa lamina approfondita nella scissura interemisferica, a decorso sagittale ed incurvata alle estremità anteriore e posteriore, costituito da fibre tese trasversalmente fra i due emisferi.

Cos´è la corteccia celebrale

La corteccia cerebrale, la sostanza grigia che ricopre gli emisferi, pur avendo uno spessore di soli tre millimetri, è la parte distintiva del cervello umano: è molto più grande e complessa nell´uomo che in qualsiasi altro animale. Le più significative doti del nostro cervello sono realizzate dalla corteccia: è qui che si organizzano le informazioni pervenute, si immagazzinano le esperienze, si comprende il linguaggio, si ascolta la musica e si guardano le immagini. Il nostro stesso pensiero, dunque, ha origine dalla corteccia cerebrale.

I quattro lobi e la loro funzione

La corteccia è formata da strati di neuroni e da un labirinto di circonvoluzioni, tra cui si distinguono due solchi principali. Questi, a loro volta, permettono di suddividere ciascun emisfero della corteccia in quattro lobi, ognuno dei quali presiede a funzioni specifiche e differenziate. I lobi frontali sono quelli più sviluppati ed estesi: dirigono gran parte dell´attività del cervello. Sono implicati in ogni forma di elaborazione del pensiero, nei processi decisionali, nella risoluzione dei problemi, nella pianificazione e nella creatività. Presiedono anche al controllo muscolare. I lobi temporali, posti dietro alle tempie, sono responsabili dell´udito, ma sono anche implicati nelle funzioni della memoria e nell´elaborazione delle emozioni. I lobi parietali presiedono alla ricezione e all´elaborazione delle informazioni sensoriali che provengono da tutto il corpo. E´ qui che “montiamo” la visione del nostro mondo, unendo le lettere in parole e le parole in frasi