La patologia clinica è una branca della medicina che applica le tecniche di indagine della patologia generale ai singoli casi clinici. Il termine deriva dall´espressione anglosassone Clinical Phatology, definizione ufficiale dei servizi di Phatology, anatomia patologica. Inizialmente, con Patologia Clinica venivano indicati laboratori medio-piccoli al cui interno vi erano differenti sezioni, coordinati da una direzione unitaria. Successivamente, a seguito della suddivisione in diverse branche, sono stati creati singoli laboratori amministrati autonomamente, dipendenti da un unico dipartimento di patologia clinica. Attualmente, con Patologia Clinica ci si riferisce all´insieme di servizi diagnostici generali e specialistici, operanti su materiali biologici prelevati ai pazienti. Si fa riferimento, inoltre, a tutte le attività di laboratorio preposte ad effettuare esami diagnostici nei settori della chimica clinica, ematologia, microbiologia, batteriologia, sierologia, etc.

Il laboratorio di patologia clinica si avvale di una strumentazione nuova e avanzata dal punto di vista tecnologico. Il personale addetto ai prelievi dei vari campioni biologici è estremamente competente, prefigurando come obiettivo prioritario l´impegno di rispondere puntualmente in maniera sempre più efficiente ai bisogni e alle esigenze degli utenti in modo che essi possano contare su un servizio qualitativamente eccellente.

CENNI STORICI

Le origini della patologia clinica sono difficili da rintracciare. L´esame delle urine, feci, espettorato, ecc., può variare da una semplice ispezione a occhio nudo, a più complesse analisi chimiche. L´ispezione è stata per lungo tempo una parte importante per l’esame del paziente e per questo motivo la definizione di patologia clinica è antica tanto quanto la medicina stessa.

Tuttavia, è dalla semplice ispezione ad occhio nudo che nasce la moderna patologia clinica. Tale disciplina non ha avuto una definizione propria fino alla seconda metà del XVII secolo. È infatti in questo secolo che si vede la nascita di tre fattori importanti che portarono allo sviluppo dell’odierna patologia clinica: la chimica scientifica, il microscopio, e l´idea che la malattia potesse produrre cambiamenti specifici nel sangue.

Il primo uomo a sviluppare quest’ultima ipotesi è stato John Locke, filosofo e medico. Tale idea venne ripresa a fine ´600 quando un medico chiamato Browne Langrish, pubblicò un suo lavoro in cui aveva registrato una serie di analisi chimiche sul sangue dei pazienti con vari tipi di febbre. I tentativi di Langrish di utilizzare le tecniche di chimica in medicina clinica erano prematuri. Fu egli stesso ad affermare che in termini di risultati concreti, non si era in grado di confermare o estendere il suo lavoro.

Nel primo Ottocento alcuni studiosi ripresero lo studio iniziato da Langrish, e nel 1843 G. Andral pubblicò a Parigi le sue famose ‘Essai pathologique himatologie’. La tecnica di Andral di analizzare il sangue era molto più semplice e più significativa di quella di Langrish e diede maggiori risultati.

In questo stesso periodo anche l´analisi delle urine cominciava ad essere ampiamente praticata. Bisogna sottolineare, inoltre, come lo studio dell’anatomia patologica a metà ´800 cominciava a rivoluzionare la medicina e ad essere praticata in un ambiente sempre più ampio. Il 1880 è un anno molto importante per quel che riguarda lo sviluppo della patologia clinica, a seguito delle scoperte che vennero fatte nel campo della batteriologia. Tali scoperte contribuirono in maniera considerevole per il sorgere di cambiamenti nel campo medico e portarono al nascere della patologia clinica come vera e propria disciplina medica. Tuttavia, nel 1880 non si era ancora né affermata la professione di patologia clinica, né erano presenti veri e propri laboratori. Questi ultimi sono stati sviluppati solo a fine 800.  Nonostante tale carenza, i metodi di patologia clinica, sotto forma di microscopia medica e delle urine chimica, erano già ampiamente utilizzati dalla classe medica anche prima di fine Secolo.

Sul finire del XIX Secolo, cominciarono a diffondersi piccoli, ma ben attrezzati laboratori adibiti proprio alle analisi. Essi erano situati negli ospedali universitari, ma il personale inserito in questi laboratori era ancora scarso. La professione di patologo clinico come la si intende oggi la si può riscontrare solo dopo la prima guerra mondiale. Da allora ha avuto notevole e crescente riconoscimento ed è divenuta parte essenziale all’interno del processo di cura delle malattie in generale, differenziandosi in diversi settori.

SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA´ E CORSI DI AGGIORNAMENTO

Il percorso formativo del patologo clinico prevede la laurea in Medicina e Chirurgia che in Italia è possibile conseguire presso le facoltà di:

Ferrara, Cagliari, Messina, Roma La Sapienza, Bologna, Torino, Milano, Bari, Padova, Napoli, Perugia, Parma, Modena e Reggio Emilia, Foggia, Genova, Verona, Milano Un. Vita e Salute S. Raffaele, Brescia, L’Aquila, Ancona, Palermo, Trieste, Salerno, Chieti e Pescara, Un, Piemonte Orientale Amedeo Avogrado, Un. Insubria di Varese e Como, Firenze, Udine, Seconda Università degli studi di Napoli, Catanzaro, Milano Bicocca, Roma Cattolica Sacro Cuore, Siena, Un. Del Molise di Campobasso, Roma Tor Vergata, Roma Campus Bio – Medico, Pavia, Napoli Federico II, Taranto, Teramo, Lecce, Roma Un. Degli studi Foro Italico, Brindisi.

Successivamente il corso di specializzazione in Patologia Clinica conseguibile presso le Università dell´Aquila, di Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro Chieti-Pescara, Como-Varese Cosenza, Ferrara, Firenze, Milano (Università degli studi di Milano, Libera Università “Vita Salute San Raffaele”), Modena-Reggio Emilia, Napoli (la Federico II, la Seconda Università degli Studi di Napoli), Palermo Padova, Perugia Pisa Roma (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università Campus Bio-Medico, Università degli studi di Roma “Tor Vergata”), Sassari, Torino (degli studi di Torino e del Piemonte orientale), Trieste,di Udine, Urbino, Verona.

Un patologo clinico può scegliere di specializzarsi in un tipo di patologia, come ad esempio la chimica, l´ematologia e la microbiologia, anche se egli è un sub-specialista in ogni campo. Ogni area di specializzazione si concentra sullo studio e sull´analisi di determinate patologie umane. Il patologo chimico ha un ruolo ambivalente: in laboratorio è responsabile per la direzione clinica, la gestione e la qualità del servizio fornito, assicurando che i risultati siano corretti e prontamente consegnati ai medici; come medico, egli è coinvolto nella cura diretta del paziente e nel fornire consulenza ai medici ospedalieri e medici generici. Spesso, il patologo clinico, si prende cura di pazienti con disturbi come il diabete, l´osteoporosi, il colesterolo alto, e rare patologie metaboliche ereditarie. Molti sono anche coinvolti nella ricerca scientifica e nell´insegnamento ad altri operatori sanitari.

Il patologo clinico specializzato in ematologia lavora con le differenti banche del sangue donato al fine di rielaborarlo per poi essere riutilizzato nelle trasfusioni oppure per altre necessità, a seguito delle quali, è opportuno separare i globuli rossi da quelli bianchi. La corretta manipolazione del sangue è di fondamentale importanza per la sicurezza del paziente, nonché per prevenire che lo stesso venga sprecato.

Infine, un´altra specializzazione della patologia clinica è la microbiologia medica, che  consiste nello studio dei batteri, dei virus e dei parassiti. Tale specializzazione è strettamente legata allo studio dell´immunologia e delle malattie infettive.

Come si può evincere, la patologia clinica è un percorso che apre differenti vie di specializzazioni.

PRESENZA IN ITALIA ED EFFICACIA SULLA POPOLAZIONE

La patologia clinica in Italia rappresenta uno strumento fondamentale di supporto alla diagnosi, alla terapia e alla ricerca scientifica. La medicina di laboratorio è capillarmente distribuita su tutto il territorio nazionale. Si può vantare una presenza cospicua di laboratori di patologia clinica in ogni ospedale italiano, dove quotidianamente si lavora per raggiungere risultati sempre più precisi da punto di vista qualitativo. Ogni ora in Italia centinaia di campioni iniziano ad essere analizzati all’interno di macchinari avanzati scientificamente, dando luogo a risultati molto importanti per la salute del paziente. Nell’arco di un anno tali campioni si traducono in milioni di esami che consentono la definizione di una diagnosi corretta oltre che l’identificazione delle migliori cure e terapie. È un sistema di ricerca molto complesso che funziona grazie alla preparazione di un gruppo di esperti, tra cui medici, biologi, ricercatori, coadiutori tecnici, infermieri e personale amministrativo altamente qualificato, specializzato ed informatizzato, che ha deciso di dedicare la vita ad un ambito lavorativo molto difficoltoso e poco conosciuto dalla sfera pubblica, il cui funzionamento è di basilare importanza per l’efficienza strumentale e qualitativa di un ospedale. I soggetti che vivono questo particolare ambiente, lavorano con passione e precisione a seguito della consapevolezza che dietro ogni provetta c’è un essere umano con la sua storia, i suoi problemi, con la sua esistenza; elementi questi, connessi in maniera imprescindibile alla sua salute fisica.

La ricerca scientifica è molto importante in quanto un moderno laboratorio di patologia clinica costituisce anche un importante supporto per la ricerca. Fra gli obiettivi quello di perseguire costantemente la trasformazione, nel più breve tempo possibile, dei risultati ottenuti  in terapie concrete per il paziente, in grado di rispondere efficientemente ai suoi problemi salutari. Tale disciplina sta divenendo uno strumento sempre più indispensabile per il supporto della diagnosi e della terapia, in quanto lo sviluppo scientifico consente esami più sensibili, più veloci e più scientifici in grado di individuare l’insorgere di patologie in un tempo inferiore rispetto al passato, oltre che la possibilità di un’efficace scelta terapeutica. Un esito estremamente positivo che genera la consapevolezza di un miglioramento per la società tutta in quanto, uniti  i risultati degli esami, si offre uno spettro più completo e più efficace dal punto di vista terapeutico. Da quanto riportato, è possibile affermare che attualmente le cose stanno mutando e sono in continua evoluzione a seguito dello sviluppo scientifico e della ricerca oggi in crescita. Tale progresso lo si è raggiunto grazie a sistemi di analisi sempre più precisi ed efficienti, in grado di dare vita a risultati più meticolosi con ricadute positive sul singolo. Un’organizzazione complessa in quanto l´attività di un laboratorio di analisi è esposto periodicamente a verifiche, sia dal punto di vista legale che scientifico, ma capace di offrire continuamente maggiori certezze per la salute. Oggigiorno, grazie ai progressi della biologia molecolare, della chimica clinica, dell´ematologia, un esame viene effettuato nell´arco di poche ore ed il referto entro il giorno successivo. Una velocità di risposta che costituisce un vantaggio per tutti: dal medico che ha la possibilità di rendere la sua attività più produttiva e benefica, al paziente che ottiene una diagnosi corretta in tempi più rapidi con tutto ciò che ne consegue a livello di maggiore tempestività ed efficacia della terapia.

TRATTATO DESCRITTIVO

La patologia clinica è una della due branche della patologia; l´altra consiste nella patologia anatomica.

Tale specialità medica si occupa della diagnosi di malattie sulla base di un laboratorio di analisi dei fluidi corporei, quali sangue, urine e tessuti, avvalendosi degli strumenti di chimica, microbiologia, ematologia, patologia molecolare. La sua finalità è quella di fornire informazioni ed elementi che consentano di formulare una diagnosi con alta probabilità statistica di riuscita, e coadiuvare a livello clinico la scelta di un approfondimento diagnostico o di una terapia. Il patologo clinico, affinché possa rispondere efficientemente alle necessità di ogni singolo paziente, deve avere un´ottima conoscenza delle modalità di indagine di laboratorio, vale a dire conoscere le informazioni su base fisiopatologica che si possono ricavare dall´utilizzo di specifici test. Inoltre, deve comprendere il momento nel quale iniziare l´iter patologico del paziente. Infine, il patologo deve essere prontamente abile nell´interpretare i risultati di un test; ha la facoltà di valutare i risultati ottenuti congiuntamente a quelli relativi ad altre indagini eseguite sempre sullo stesso paziente. Può, in tale contesto, raffrontare quanto ottenuto con quanto atteso. Dopo aver acquisito tali conoscenze, il clinico sarà capace di utilizzare tutte le potenzialità diagnostiche che il laboratorio offre. Superata tale fase, egli tenderà ad instaurare un proficuo dialogo con gli specialisti della medicina di laboratorio, divenendo il loro consulente professionale. I patologi clinici lavorano a stretto contatto con i tecnologi medici, amministratori ospedalieri e differenti medici di riferimento, al fine di assicurare un utilizzo accurato delle analisi di laboratorio. Tale rapporto consentirà al patologo di pervenire più rapidamente alla formulazione diagnostica. Un patologo clinico ha familiarità con i principali aspetti dei rami della medicina clinica di laboratorio. Molto spesso, i patologi, sia essi clinici che anatomici sono identificati sotto la definizione generica di patologi.

Tutti i test biochimici rientrano nella chimica patologica. Tali test vengono eseguiti su qualsiasi tipo di liquido corporeo, ma per lo più su siero e plasma.

Il siero è la parte gialla acquosa del sangue che rimane dopo che il sangue si sia coagulato e tutte le cellule del sangue siano state rimosse.

Il plasma è molto simile al siero ma, a differenza di quest´ultimo, è ottenuto mediante centrifugazione del sangue senza coagulazione.

Il patologo chimico si avvale della biochimica e della biologia molecolare per la diagnosi ed il trattamento della malattia. Generalmente esegue dei test chimici per misurare la funzionalità degli ormoni, il sistema immunitario, la funzione degli anticorpi e delle droghe sul sistema; inoltre procede anche ad esaminare ogni aspetto inerente alla farmacologia. La patologia chimica si occupa di tutta la gamma delle malattie e rileva tutte le sostanze presenti nel sangue e nei liquidi biologici (elettroliti, enzimi e proteine) in associazione con molte malattie. Rileva e misura, inoltre, il tumore, gli ormoni, i veleni e le droghe illecite. Ad esempio, i patologi chimici sono coinvolti nella valutazione dei livelli di ferro nel sangue, misurando la quantità di enzimi che viene rilasciata nel sangue dopo un attacco di cuore con l´obiettivo di apportare un sussidio nella diagnosi e nella misurazione di alcune proteine prodotte da tumori per monitorare la risposta al loro trattamento. Come per le altre specialità di patologia clinica, nella maggior parte delle ore del giorno, il patologo chimico è in diretto collegamento con la clinica. Egli offre dei consigli ai medici circa le prove per lo studio di casi molto complessi, oltre che a fornire una consulenza circa l´interpretazione dei risultati delle analisi e circa l´effetto che l´interazione della somministrazione di determinati farmaci può avere. Parte del suo lavoro è dedicata alla validazione e all´interpretazione dei risultati dei test, in particolare per quelli più complessi perché anomali, rari, o altamente specialistici.

Questa branca della patologia clinica, è anche di tipo sperimentale poiché valuta nuove tecnologie e sviluppa nuovi test. Ciò vale soprattutto per le aree in via di sperimentazione, come ad esempio l´utilizzo di tecniche di biologia molecolare in test diagnostici. Settore di attività che include temi come patologie metaboliche ereditarie, tracce di metalli, monitoraggio ambientale, abuso di droga e aspetti della nutrizione.

La richiesta di indagini di laboratorio ha come obiettivo quello di fornire il maggior numero di informazioni per giungere ad una decisione clinica. Vi sono due principali finalità per la richiesta di indagini di laboratorio.

La prima consiste nella finalità di screening che verte su indagini chieste in assenza di un segno o un sospetto clinico ben definito ma che risultano utili nell´ambito della medicina preventiva o sociale.

La seconda ha delle finalità diagnostiche e porta avanti richieste come ausilio oppure indirizzo circa la formulazione diagnostica per confermare o escludere un sospetto diagnostico, o per riformularne un altro.

La modalità d´esame va dai profili metabolici generali o di ampio raggio, a quelli mirati. È matematicamente provato che, più si aumenta il numero di indagini su una persona apparentemente sana, più si dà origine a risultati anormali. Tale evenienza suggerisce di limitare le richieste di analisi a quelle realmente utili per l´esplorazione funzionale di uno o più organi o metabolismi che si intendono studiare, adottando profili concordati preliminarmente tra il clinico e lo specialista di laboratorio. Tuttavia, uno spettro più ampio di test può abbreviare i tempi di degenza del paziente, permettendo di individuare alterazioni clinicamente silenti. Il test è considerato uno strumento utile a fornire informazioni o per il monitoraggio terapeutico o del decorso di una malattia.

Quando la situazione clinica non è facilmente inquadrabile e risulta complessa ai fini di una diagnosi, si avrà la tendenza a richiedere indagini sotto un profilo più allargato tendente ad esplorare vie metaboliche o funzioni d´organi.

Quando, al contrario, si ha un quadro clinico più facilmente inquadrabile da parte del medico, la tendenza che prevarrà sarà quella di richiedere test più mirati. Non si esclude l´eventualità di test di approfondimento.

Inoltre, vi sono casi in cui la risposta diagnostica deve essere immediata, a seguito del pericolo di vita del paziente. In tali ipotesi, le indagini possono essere richieste come test di urgenza o di emergenza. Si tratta di esami mirati, selezionati opportunamente per rispondere a quesiti clinici più drammatici, come ad esempio creare ex-novo o modificare una terapia, oppure la scelta di intervenire o meno chirurgicamente. Giunti al completamento dell´iter diagnostico, potrebbe sorgere la necessità di richiedere test singoli o gruppi di test funzionali a seguire il decorso della malattia o per effettuare il monitoraggio di una terapia. Ottenuto il referto di laboratorio, è compito del medico interpretarne il risultato, confrontandolo con il valore di riferimento. Il dato finale può essere influenzato da diversi fattori, alcuni dei quali legati al paziente, altri alla conservazione dei campioni ed altri legati al metodo di analisi. Si tratterà di una variabilità pre-analitica connessa al paziente. In tale caso, ad una maggiore variabilità corrisponderà una più alta difficoltà ad interpretare il risultato. La variabilità è un fattore ineliminabile che può essere solamente limitato, ad esempio tentando un raggruppamento della popolazione in base al sesso o all´età. In molti casi, le complicazioni emergono a seguito della difficoltà di standardizzare il paziente, soprattutto quello ambulatoriale, circa le abitudini alimentari, all´assunzione di farmaci, all´attività fisica, ma anche legate al fatto che il paziente riferisce solamente ciò che lo colpisce. In tal modo si può alterare l´indagine anamnestica. La variabilità è legata, inoltre, al prelievo ed alla conservazione del campione.

Si possono prelevare differenti fluidi, secrezioni o tessuti, anche se solitamente si prelevano sangue o urine. Tuttavia, quanto maggiore è la conservazione del campione prelevato, tanto maggiore sarà la probabilità di alterazione dello stesso, a seguito di cause come l´evaporazione del solvente, la fotolisi, la polimerizzazione. Al fine di ridurre tali probabilità di variazione è opportuno seguire dei semplici accorgimenti. Ad esempio, tenere al buio o al freddo i campioni; eseguire i dosaggi il più presto possibile; addizionare i conservanti.

Vi è un terzo tipo di variabilità che si definisce analitica. Essa è legata al metodo di analisi che dipende da diversi fattori tra cui l´accuratezza, la precisione e la specificità. La scelta di un metodo di analisi è legata a differenti fattori, è il frutto di un compromesso che considera tutti i componenti e lo scopo per cui deve essere impiegato. Nel momento in cui si decide di somministrare delle analisi, è necessario scegliere quali richiedere al fine di dare il più possibile informazioni complete ed esaurienti ed evitare disturbo e costi per il paziente. La scelta del test da somministrare deve basarsi su considerazioni statistiche, cliniche e su considerazioni che vertono soprattutto sullo scopo per cui un dato test viene eseguito. Attraverso le indagini biochimico-cliniche si forniscono delle informazioni molto accurate, ma per essere veritiere devono essere confrontate con la realtà del paziente nella sua globalità.

I profili biochimici presentano dei vantaggi anche sui costi che risultano più contenuti rispetto alla somma delle singole analisi, fornendo molto spesso tutte le informazioni per formulare una diagnosi preliminare o per sostenerne una già in atto. Tali profili, inoltre, possono essere sottoclassificati in diverse maniere quali, ad esempio, raggruppamenti strumentali, protocolli diagnostici fissi o variabili, concordati tra il laboratorio e la clinica. Presentano però anche degli svantaggi che possono manifestarsi durante il prelievo, mettendo in evidenza anomalie e generare un affaticamento durante la lettura a seguito dell´eccessiva presenza dei dati. Per ovviare al primo tipo di svantaggio, sono state individuate le prove di funzionalità dinamica che permettono di esaminare la risposta del paziente sottoposta a diversi stimoli. Tale tipologia di esame è molto usata per studi metabolici ed in endocrinologia; essa va da un test di tolleranza all´indagine dopo stimolo e soppressione. Tuttavia, le prove di funzionalità dinamica necessitano di una standardizzazione molto accurata e presentano maggiori difficoltà circa l´esecuzione, i costi ed il fastidio rispetto alla singola analisi o al profilo biochimico.

Un altro tipo di esame è lo screenig. Esso ha l´obiettivo di individuare popolazioni sane, soggetti asintomatici, ma anormali sotto qualche caratteristica biochimica. Il senso nell´effettuare quest´ultimo tipo di analisi, risiede nella ragione di una particolare ricerca biomedica o nella possibilità di individuare danno al paziente e di poterlo trattare preventivamente. Le indagini di screening possono essere usate anche per gruppi persone a rischio di determinate patologie.