La Frenologia e le Neuroscienze Cognitive
La frenologia (dal greco phren, “mente”, e logos, “studio, dottrina”) è una controversa disciplina elaborata originariamente dal fisiologo e neuroanatomista tedesco, di origini italiane, Franz Joseph Gall (1758-1828), secondo la quale è possibile rilevare le caratteristiche psichiche e mentali di un individuo osservandone la particolare morfologia (cioè la configurazione) del suo cranio.
CENNI STORICI
Nel 1819 Franz Joseph Gall (1758-1828) pubblicò un trattato che raccoglieva i risultati di anni di studi: Anatomie et physiologie du système nerveux en general, et du cerveau en paiticulier, avec des observations sur la possibilite de reconnaître plusieurs dispositions intellectuelles et morales de l’homme el des animaux par la configuration de leurs têtes (“Anatomia e fisiologia del sistema nervoso in generale e del cervello in particolare, con osservazioni sulla possibilità di riconoscere diverse disposizioni intellettuali e morali dell’uomo in base alla configurazione delle loro teste”). Inizialmente aveva chiamato la nuova disciplina “cranioscopia” (ovvero “esame del cranio”), ma poiché l’oggetto delle ricerche erano piuttosto le varie zone o “organi” del cervello preferì in seguito il termine “organologia”. Fu il suo collaboratore Johann Spurzheim (1776-1832) a diffondere la denominazione più famosa, “frenologia”, durante la sua instancabile opera di diffusione internazionale che interessò soprattutto la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. In Europa si segnalano i fratelli Combe, fondatori della Phrenological Society of Edinburgh: fu un centro di attrazione di numerosi studiosi e riformatori sociali dediti a divulgare i principi della frenologia in campi che conoscevano all’epoca un notevole sviluppo, come l’igiene mentale (cui erano connesse le proposte di riforma dei manicomi), l’ambientalismo, l’indagine evoluzionistica.
I fratelli statunitensi Orson (1809-1887) e Lorenzo Fowler (1811-1896) fondarono case editrici volte ad una sempre più ampia diffusione della scienza di Gall e Spurzheim. Fu nel periodo vittoriano (1837-1901) che la frenologia divenne un luogo comune popolare, lasciando tracce nella letteratura, nel linguaggio, nell’amministrazione: tuttavia proprio in quegli anni la frenologia vera e propria fu emarginata dagli ambienti accademici e scientifici “ortodossi” soprattutto britannici, che andavano nella direzione delle moderne neuroscienze e del moderno cognitivismo, rifiutando gli aspetti “confusi” e “pseudoscientifici” delle ipotesi di Gall (le corrispondenze tra ossa craniche e struttura cerebrale), ma conservando l’impostazione di fondo secondo cui i processi mentali sono localizzati nelle aree del cervello.
Agli inizi del XX secolo la frenologia conobbe un recupero ancora più controverso: da un lato Henry C. Lavery e Frank P. White, un inventore e un imprenditore statunitensi, proponevano una macchina, lo psicografo, che pretendeva di automatizzare i principi della frenologia misurando le facoltà mentali e psichiche degli individui con un apposito casco, inviante segnali elettrici a basso voltaggio; dall’altro le sue ipotesi furono manipolate in chiave razzistica e discriminatoria. Ad esempio il sacerdote belga Paul Bouts (1900-1999), pur combinando elementi di frenologia con discipline diverse come la grafologia e la tipologia e dando vita ad un approccio noto come psicognomia (“conoscenza della psiche”), arrivò ad elaborare una teoria evoluzionistica che equiparava la struttura del cranio nell’uomo preistorico a quella dei soggetti devianti o appartenenti a popoli non a caso detti “primitivi”: le sue idee ebbero conseguenze terribili nella campagna di propaganda razzista che il Belgio lanciò negli anni ’30 in una delle sue colonie africane, il Ruanda, e che forse non fu priva di influenze sull’odio interetnico destinato poi a insanguinare quel paese. Gravi abusi come questi, uniti ad una generale condanna negli ambienti scientifici maggioritari, avrebbero portato ad un’emarginazione ancor più sistematica della frenologia, oggi ritenuta quasi universalmente una “pseudoscienza” e quindi esclusa dalle prestazioni terapeutiche e diagnostiche ufficialmente riconosciute. Nel 1967 la storica British Phrenological Society fu definitivamente sciolta.
Non mancano però gruppi e associazioni che a tutt’oggi si propongono di riabilitare la frenologia con un approccio moderno e avventuroso: ricordiamo la London Phrenology Company fondata nel 1983 dallo psicologo Peter Cooper. Si tratta di solito di ambienti che si rifanno piuttosto alla psicognomia e all’evoluzionismo di Bouts e alla cosiddetta psicofisiognomica o psicologia fisiognomica, dal titolo di un’opera di Carl Huter (1861-1912): era questi un decoratore tedesco che, dopo una malattia supposta incurabile, elaborò una terapia in cui si fondevano la fisiognomica classica di Giovanni Battista Della Porta (1535-1615) e di Charles Le Brun (1619-1690), entrambi noti per le loro illustrazioni, la frenologia di Gall e lo studio della mimica facciale di Charles Bell (1774-1842); insomma un tentativo di psicologia olistica con salde basi nella percezione estetica.
Scuole di formazione, università e corsi di aggiornamento:
La frenologia in quanto scienza autonoma è praticamente scomparsa. In Italia non sono note scuole di formazione che si occupino dell’argomento. Segnaliamo il corso di formazione online della R.U.I.S.S. (www.paginemie.it/Scheda%20Corso%20Fisiognomica,%20Metoscopia%20e%20Frenologia%20nella%20Comunicazione.pdf).
Presenza in Italia ed efficacia sulla popolazione:
Vista la natura particolarmente controversa della frenologia e la sua scomparsa quasi definitiva, come scienza a sé stante, dall’orizzonte teorico, diagnostico e terapeutico contemporaneo, ci limitiamo a segnalare un sito internet belga che ne sostiene la perdurante validità: www.phrenology.org
Indichiamo anche, tra le pubblicazioni italiane, un’esauriente disamina della storia e degli aspetti affascinanti e opinabili della frenologia: Giovanni P. Lombardo-Marco Duichin (a cura di), Frenologia, fisiognomica e psicologia delle differenze individuali di Franz Joseph Gall. Antecedenti storici e sviluppi disciplinari, ed. Bollati Boringhieri, 1997.
TRATTATO DESCRITTIVO
La frenologia presenta un carattere complesso, da un lato comune a diverse discipline mediche “alternative”, ma sotto molti aspetti unico e singolare. Da un certo punto di vista, infatti, riscopre un luogo comune della visione tradizionale e pre-moderna del mondo, ovvero la dottrina delle corrispondenze, per cui ogni parte del mondo è in un rapporto significativo e non casuale con la totalità e con altre sue parti o esseri; da un’altra prospettiva si tratta però di un’ipotesi scientifica fortemente condizionata dal periodo storico in cui ha ottenuto il maggior successo, l’Ottocento positivista, in cui si credeva di poter cogliere i segreti della natura attraverso una misurazione quantitativa dei fenomeni materiali.
I principi da cui partivano Gall e il suo collaboratore Spurzheim sono i seguenti: le facoltà morali e intellettuali sono innate, e la loro manifestazione dipende dalla loro organizzazione naturale; l’organo in cui risiedono è il cervello, diviso a sua volta in vari “organi” o aree (diremmo oggi) particolari; la morfologia delle ossa craniche è la rappresentazione esterna e osservabile di queste aree cerebrali. Le diverse bozze, linee e depressioni presenti sul cranio di un individuo – per la cui misurazione esatta, o craniometria, veniva utilizzato un calibro – corrispondono agli “organi” interni di cui si compone il cervello e le loro caratteristiche particolari indicano la particolare struttura di ogni singola area. Secondo Gall tali organi nel cervello umano sono 27: i primi dieci sono comuni all’uomo e a tutti i vertebrati (ricordiamo: l’istinto sessuale e aggressivo, il senso della proprietà e la previsione dei pericoli), altri nove sono comuni all’uomo e ai soli vertebrati superiori (ricordiamo: il senso dello spazio e del tempo, la memoria, il linguaggio e la capacità di costruire), mentre solo gli ultimi otto sono propri dell’essere umano in quanto tale (tra questi soprattutto l’abilità comparativa, il talento poetico, il senso del comico, il senso morale e religioso-metafisico).
Le neuroscienze moderne concordano con la frenologia ottocentesca solo per quanto riguarda l’area del linguaggio, individuata e studiata con maggior precisione da Broca e Wernicke, mentre ritengono del tutto errato il resto della mappa di Gall. Comunque sia, i suoi studi destarono un enorme interesse ed ebbero ricadute significative in diversi ambiti scientifici e socio-politici fondamentali. Oltre ovviamente alla fisiologia e alla neuroanatomia, i principi della frenologia furono applicati in psicologia, in psichiatria, in antropologia e in etnologia, campi in cui sembrava fornire criteri di esattezza estremamente utili sia per la ricerca che per la riforma sociale e istituzionale. È noto l’uso che ne fece la criminologia, ad esempio lo studioso italiano Cesare Lombroso (1835-1909), che però aveva la tendenza a ridurla alla craniometria o misurazione del cranio: secondo la mentalità dell’epoca, la propensione alla delinquenza e alla devianza si poteva “leggere” proprio nella struttura della testa umana nelle sue varie componenti. A livello popolare, la frenologia influenzò il costume diventando quasi un luogo comune per la determinazione del carattere individuale, ad esempio nell’ambito della valutazione dei candidati da parte dei datori di lavoro. Anche l’esoterismo se ne servì, basta leggere non pochi testi di chiromanzia, ipnotismo e occultismo, dove però all’interesse scientifico-sociale subentrava un tentativo di riscoperta, in chiave moderna, di una disciplina tradizionale antichissima, la fisiognomica, ovvero l’arte di individuare il carattere, la natura di un essere umano considerando l’aspetto fisico, in particolare l’espressione del volto, come la manifestazione di una qualità interna, morale o intellettuale (nell’osservazione contavano molto le somiglianze con altri esseri o fenomeni della natura, perché l’universo era visto come una totalità interconnessa).
Nel nostro secolo l’influenza della frenologia, nonostante la crisi dell’impostazione ottocentesca in quasi tutte le scienze, ha seguito proprio questi due binari: da un lato è stata riscoperta o mantenuta come uno strumento per estendere le nostre conoscenze in campi come la paleontologia, dove lo studio dei resti ossei degli ominidi si è avvalso anche di considerazioni frenologiche sull’evoluzione del cranio attraverso le epoche, ma ha subito anche una forte deriva ideologica con le dottrine degli scienziati razzisti, che trovavano nelle differenze delle strutture craniche un pretesto per la discriminazione tra razze superiori e inferiori; da un altro lato alcuni elementi della frenologia sono stati ripresi e modificati nel contesto di una riscoperta (come si accennava prima) della fisiognomica antica e nell’ambito di “nuove” intuizioni mediche come la tipologia, ovvero la divisione dei pazienti in “tipi” (dal greco typos, “carattere, impronta”) con caratteristiche globali diverse che incidono sullo sviluppo delle loro patologie e quindi sulla ricerca di una cura appropriata. Quasi tutti i gruppi che oggi sostengono la validità della frenologia si rifanno a questo secondo approccio, escludendo ogni determinismo (l’idea cioè che una caratteristica psichica, mentale o anche fisiologica sia determinata meccanicamente dalla conformazione di un organo) e ogni considerazione razzistica, e integrando invece alcune ipotesi della vecchia disciplina in un discorso generale più conforme alle nuove scienze e ai metodi moderni delle medicine “alternative” o complementari.