La musicoterapia è la disciplina che utilizza la musica per facilitare la comunicazione, la motricità, la relazione e l’espressione.
Le principali figure professionali che operano in questo settore sono il musicoterapista e il musicoterapeuta. Il primo è un professionista che ha compiuto studi di musicoterapia e opera all’interno di équipe di professionisti, tra cui possono essere presenti neuropsichiatri, psichiatri, geriatri e altri specialisti. Il musicoterapeuta, invece, è preparato per fare terapia con la musica; può operare con gruppi di pazienti o con singole persone, collaborando con un’équipe o da solo.
CENNI STORICI
I principi della musicoterapia risalgono all’antichità, quando il suono evocava spiriti, entità, antenati e guariva il corpo dalle malattie. L’importanza della musica è dimostrata dalla presenza in ogni civiltà e in qualsiasi epoca di occasioni in cui il suono era vero e proprio protagonista. Si pensi, ad esempio, al mito di Orfeo, prodigioso cantore semidivino in grado di smuovere la natura con il suo canto, o all´arpa suonata dal re Davide.
Il suono ha sempre influito sulle emozioni, provocando uno stato di benessere e di rilassamento che ha rivestito grande importanza in Egitto, nell´antica Grecia, in Asia Minore, India e Cina. Il suo utilizzo ha anche permesso l´instaurarsi di uno stretto rapporto con altre arti e discipline, come la danza e la meditazione. Tuttavia, la nascita della musicoterapia, che applica in modo pratico ed efficace tali principi, è molto recente; infatti, il primo vero e proprio trattato di musicologia è stato scritto solo nel 1700 dal medico musicista londinese Richard Brockiesby. Nel 1811 compositore italo-ungherese Pietro Linchenthal, di formazione medico, scrisse il Trattato sull´influenza della musica sul corpo umano e nel 1875 il medico francese Chomet pubblicò alcuni studi di musicoterapia.
Già tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 alcuni ospedali europei e americani erano frequentati da musicisti che avevano la funzione di alleviare con la loro arte le sofferenze dei pazienti, sostenendoli dal punto di vista morale, ma le prime applicazioni sistematiche degli approcci musicoterapeutici sono iniziate solo dopo il 1945, quando, negli Stati Uniti, questa disciplina fu utilizzata come supporto per la cura dei reduci della Seconda Guerra Mondiale.
Attualmente esistono cattedre universitarie di musicoterapica in diversi Paesi e anche in Italia sono state istituite scuole di specializzazione in questa disciplina.
SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA´ E CORSI DI AGGIORNAMENTO
La Federazione Italiana per Musicotarapeuti, accreditata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), organizza corsi di musicoterapia umanista in sedi dislocate in tutta Italia. Per accedere a questi corsi è necessario essere in possesso di un diploma di scuola media superiore a indirizzo umanistico e un diploma di compimento medio per gli strumenti musicali, con un percorso dì studi dì almeno otto anni.
Esistono, inoltre, altri corsi, come quelli della Scuola di Specializzazione in Musicoterapia “Giovanni Ferrari” di Padova e il diploma di specializzazione presso il Conservatorio di musica di Verona e de L’Aquila, approvato dal MIUR nel 2005.
PRESENZA IN ITALIA ED EFFICACIA SULLA POPOLAZIONE
La musicoterapia in Italia è consigliata e utilizzata sia dai neurologi, sia dagli psicoterapeuti. Le numerose scuole del settore sono riunite dalla Confederazione Italiana Associazioni e Scuole di Musicoterapia (CONFIAM), l’organismo interistituzionale che è entrato a far parte della Consulta Delle Associazioni per la regolamentazione delle nuove professioni. Tuttavia, le leggi dello Stato italiano non regolamentano ancora in modo definito la professione di musicoterapeuta. Per evitare che le disparità attualmente presenti possano andare a discapito della qualità del servizio fornito dai professionisti dei settore e che, di conseguenza, essi stessi non siano riconosciuti come figure specializzate e competenti nel campo CONFIAM organizza un esame nazionale attraverso cui è possibile equiparare la formazione ricevuta dalle diverse scuole e i titoli conseguiti.
Inoltre, le strutture presenti sul territorio italiano possono appoggiarsi alla F.I.M (Federazione Italiana Musicoterapeuti), che ha istituito un registro professionale a tutela dei professionisti e dell’utenza.
TRATTATO DESCRITTIVO
La musicoterapia utilizza il suono come strumento di comunicazione non verbale per intervenire a livello educativo, riabilitativo o terapeutico nel trattamento di una serie di condizioni patologiche e parafisiologiche; in questo modo viene permesso al paziente di percepire ed esprimere le proprie emozioni e di mostrare o comunicare i propri sentimenti e stati d´animo attraverso un linguaggio diverso dalla parola.
I principi su cui si basa questa disciplina sono l’attiva partecipazione del paziente, la centralità del rapporto di fiducia, l’accettazione incondizionata rispetto al malato, l’adattamento e la personalizzazione della tecnica in ogni occasione, lo scambio reciproco di proposte tra paziente e musicoterapeuta.
In generale, è possibile distinguere la cosiddetta musicoterapia attiva, che prevede di suonare degli strumenti, dalla musicoterapia passiva, che, invece, si basa sull’ascolto. Tuttavia questa classificazione non è rigida e, spesso, il metodo utilizzato può cambiare a seconda delle circostanze.
possono  invece differenziare in modo più preciso le varie scuole di musicoterapia in base al principio di intervento, che può essere psicanalitico, psicosomatico o somatico.
Le scuole a impianto somatico prevedono un rapporto univoco tra il musicoterapeuta e un paziente; il loro fine è terapeutico. Ne è un esempio la scuola di Alfred Tomatis.
Nelle scuole d´impianto psicosomatico l’utenza può, invece, essere costituita sia da singoli individui, sia da gruppi e spesso i pazienti sono bambini, anziani o disabili mentali. In questo caso lo scopo della terapia è di sviluppare o mantenere le capacità cognitive, espressive e di apprendimento, orientamento e coordinamento motorio. Le scuole di Gertrud Orff, Giordano Bianchi e Zoltàn Kodàli sono improntate a questa filosofia.
Anche nel caso delle scuole a impronta psicanalitica i pazienti possono incontrare il musicoterapeuta singolarmente o a gruppi, ma, in questo caso, il fine è quello di sviluppare gli aspetti sociali della persona. Rientrano in questa categoria le scuole di Clifford Madsen, Helen Bonny, Paul Nordoff e Clive Robbins, Rolando Benenzon e Mary Priestley.
Infine, la musicoterapia umanistica considera l’uomo dal punto di vista olistico, cioè creando collegamenti fra realtà distinte per avere un approccio totale all´intervento terapeutico. In particolare, non viene fatta una netta distinzione tra educazione e terapia, ma ne viene promossa una coevoluzione, considerandole due modi di operare distinti, in continuo dialogo e che si valorizzano reciprocamente. Per questo motivo la musicoterapia umanistica prevede la collaborazione di più figure professionali: il musicoterapista, il musicoterapeuta – che è più specificamente formato a fare terapia con la musica, suonando – il coterapeuta – che ha un contatto diretto con il paziente -, e infine il formatore e il supervisore.
Attraverso analisi scientifiche è stato dimostrato che la musica va ad agire sul funzionamento del sistema parasimpatico. Una parte del sistema nervoso autonomo che controlla moltissime funzioni dell’organismo, da quelle cardiache all’attività di vari altri organi diversi. Perciò il suono incide sul benessere psicofisico dell’individuo, producendo, ad esempio, rilassamento e una percezione inferiore del dolore in pazienti afflitti da patologie anche molto gravi, come i tumori. In alcuni casi utilizzando la musicoterapia come cura di sostegno è stato possibile ridurre la quantità di antidolorifici somministrati al paziente. Altri studi hanno, invece, dimostrato un ruolo positivo nel contrastare i disturbi del sonno.
Non meno importante è il ruolo svolto oggigiorno da questa disciplina nelle terapie di riabilitazione affiancate agli interventi neurologici e psichiatrici, come nel caso di autismo infantile, ritardo mentale, disabilità motorie, morbo di Alzheimer e altre demenze, psicosi, disturbi dell’umore e del comportamento alimentare (anoressia nervosa).