farmacia

Il termine farmacia deriva dal greco e significa medicamento. Si tratta di una scienza che si occupa dei procedimenti tecnici relativi alla preparazione e al commercio dei prodotti farmaceutici. Il farmacista deve essere una figura professionale preparata al fine di fornire informazioni utili riguardo alla corretta utilizzazione dei prodotti, alla loro posologia e alle indicazioni terapeutiche appropriate per ogni patologia riscontrata dal paziente. Con il tempo l’accezione semantica di “farmacia” è stata estesa anche all’ambito universitario. Così di recente con questo termine si è indicato sia il laboratorio in cui vengono preparati i prodotti farmaceutici sia la facoltà universitaria che forma la figura professionale del farmacista. Attualmente la definizione “farmacia” non si utilizza di frequente in riferimento alla bottega in cui vengono realizzati i prodotti, ma sta ad indicare più spesso il negozio in cui avviene la vendita dei prodotti farmaceutici.

CENNI STORICI

Fino all’anno mille lo speziale era un semplice artigiano che affiancava il medico e lo assisteva nella diagnosi e nel trattamento terapeutico da somministrare ai pazienti. A partire dall’anno mille la figura dello speziale acquista sempre più importanza e autonomia e comincia a distaccarsi dal ruolo di semplice assistente del medico. Questo processo di distaccamento dal ruolo subordinato di coadiuvante del medico giunge a compimento nel XIII secolo, soprattutto grazie alla disposizione di Federico II di Svevia, nipote di Federico Barbarossa. Federico II attuò una vera e propria opera di mecenatismo atta a promuovere le discipline scientifiche, filosofiche e letterarie. Inoltre promulgò un decreto legislativo di grande rilevanza storica, contenuto nella cosiddetta Costituzione di Melfi, nel quale si stabiliva che erano previste pene assai dure per coloro che vendevano medicamenti falsi o nocivi, oltre a disporre che per esercitare la professione medica era necessario conseguire la laurea presso la scuola medica di Salerno. Al fine di porre chiarezza riguardo alle distinte figure professionali del medico e del farmacista diede precise disposizioni sui ruoli che entrambe le figure dovevano svolgere senza sconfinare nell’ambito altrui. In seguito nello statuto veneziano del 1258 e in quello padovano del 1260 si stabilì chiaramente il ruolo di subordinazione del farmacista rispetto al medico nella composizione e nella preparazione di medicinali importanti. Soltanto nel Quattrocento giunse a compimento l’emanazione di leggi relative allo svolgimento dell’esercizio farmaceutico.

SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA´ E CORSI DI AGGIORNAMENTO

Nella classifica delle Facoltà di Farmacia realizzata da Censis e Repubblica 2010, l’Università di Bologna occupa il primo posto, seguita dall’ Università di Trieste e dall’Università di Padova. Per cui tra le migliori università in cui si può studiare Farmacia vi sono quelle di Bologna, Trieste e Padova. Tuttavia esistono in Italia numerose Facoltà di Farmacia in cui è possibile studiare tale disciplina scientifica.

Tra esse ricordiamo le Università di Modena, Reggio, Pavia, Perugia, Ferrara, Milano, Genova, Siena, Chieti, Torino, Firenze, Sassari, Urbino, Cagliari e Catanzaro, Roma, Pisa e Calabria. In fondo alla classifica Napoli, Bari e Catania. Tra i Master, attualmente in corso, relativi alla disciplina scientifica di Farmacia vi sono: il Master in Management & Marketing farmaceutico a Napoli, Roma, Milano e Venezia la cui partecipazione consente di diventare figure professionali atte a rivestire ruoli di organizzazione, consulenza e gestione da svolgere tramite aziende pubbliche o private e tramite la libera professione, il Master in Farmacia Territoriale indetto a Torino. Esso ha l’obiettivo di formare farmacisti e migliorare le loro capacità manageriali con lo scopo di occuparsi dell’organizzazione e della gestione del personale e degli acquisti dei prodotti farmaceutici, dell’amministrazione e del rapporto con i clienti.

PRESENZA IN ITALIA ED EFFICACIA SULLA POPOLAZIONE

In Italia esistono differenti tipi di Farmacie. La differenza è, principalmente, legata all’uso e al luogo in cui si trova la farmacia. Così abbiamo la farmacia urbana, la farmacia rurale, la farmacia privata, la farmacia pubblica, la farmacia ospedaliera e la farmacia succursale.

FARMACIA URBANA

Si parla di farmacia urbana quando essa si trova in Comuni o in cittadine che abbiano un numero di abitanti pari o superiore a 5000. In caso contrario si parla di farmacia rurale.

FARMACIA RURALE

Questa tipologia a sua volta si distingue in farmacia rurale ordinaria e sussidiata. Nel primo caso la farmacia rurale è situata in centri abitativi in cui il numero di abitanti è superiore a 3000. Nel secondo caso la farmacia rurale è situata in centri di dimensioni e di densità di popolazione minori.

FARMACIA PRIVATA

Una farmacia, invece, per essere privata deve necessariamente appartenere ad un individuo fisico o ad un gruppo societario. La farmacia privata è uninominale quando appartiene ad un´unica persona fisica, al singolo farmacista. Nel caso in cui la farmacia appartiene a un gruppo di persone fisiche, i soci delegheranno ad un unico membro della società la gestione e la responsabilità sulla farmacia. Inoltre la normativa a riguardo, impone la sua costante permanenza in farmacia.

FARMACIA PUBBLICA

Si parla di farmacia pubblica, qualora essa appartenga al sistema giuridico, ossia al Comune in cui è situata che fa capo al Sindaco. Il Comune può decidere di amministrarla per via diretta o delegarne la gestione ad altre istituzioni, quali l’Azienda municipalizzata. I farmacisti ai quali viene delegata l’attività della farmacia, con i seguenti obblighi gestionali e amministrativi, sono scelti tramite concorso pubblico.

FARMACIA OSPEDALIERA

La presenza di una farmacia all’interno di una struttura ospedaliera è strettamente necessaria affinché la struttura sanitaria possa considerarsi completa in tutte le sue parti. Per tale motivo essa deve essere obbligatoriamente presente sia negli ospedali di regione che negli ospedali di provincia.

FARMACIA SUCCURSALE

Infine si parla di farmacia succursale quando la struttura sanitaria è situata in quei centri abitati in cui la densità di popolazione subisce forti oscillazioni annualmente. La sua gestione e organizzazione è affidata al farmacista titolare di un’altra farmacia esistente nel Comune di riferimento e nella Provincia. Esso poi può delegare ad un altro farmacista la gestione della farmacia succursale.

TRATTATO DESCRITTIVO

Esistono differenti tipologie di farmaci in base alle patologie riscontrate. Nel volerne fornire un elenco sono da annoverare i farmaci mucolitici, antinfiammatori, beta bloccanti, gastroprotettori, psicofarmaci, antibiotici e antivirali.

I FARMACI MUCOLITICI

I mucolitici vengono generalmente somministrati qualora un paziente manifesti segni di raffreddamento associati a tosse, naso colante, raucedine, tracce di febbre, starnuti, forte raffreddore e talvolta gonfiore delle ghiandole linfatiche presenti nel collo. La funzione principale dei mucolitici è quella di sciogliere le secrezioni di catarro determinate dall’insorgenza del sintomo di raffreddamento. Per tale motivo essi sono molto importanti come trattamento terapeutico contro le forme degenerative del comune raffreddore, ossia contro bronchiti e sinusiti. I mucolitici sono disponibili sia in forma liquida, gli sciroppi, sia in polvere o attraverso l’aerosol. Non hanno controindicazioni rilevanti ma il loro utilizzo potrebbe essere pericoloso per i soggetti che soffrono di asma. Affinché il farmaco mucolitico sortisca l’effetto desiderato è opportuno seguire scrupolosamente la posologia indicata dal medico e inoltre segni di miglioramento sono evidenti dopo circa dieci giorni dall’assunzione del farmaco. In genere la loro assunzione è accompagnata dalla somministrazione di antistaminici o antinfiammatori con lo scopo di alleviare i sintomi tipici da raffreddamento. Il raffreddore è determinato da un virus che intacca l’organismo e dal naso si riproduce e raggiunge la gola, la trachea e i bronchi. Esistono più di 200 tipologie di virus responsabili dell’insorgenza di affezioni delle vie aeree respiratorie.

I FARMACI ANTINFIAMMATORI

Vi sono due differenti tipologie di antinfiammatori o antiflogistici: non steroidei e steroidei. Rientrano nella prima tipologia i FANS. Il farmaco antinfiammatorio non steroideo utilizzato più frequentemente è l’aspirina. Mentre rientrano tra i farmaci steroidei i cortisonici. L’uso di questi medicinali può avere effetti collaterali che sono principalmente legati all’intestino. Infatti in taluni casi essi possono determinare l’insorgenza di disturbi di natura gastrica legati all’apparato digerente con conseguente manifestazione di sintomi quali nausea, vomito, bruciori, diarrea e nei casi più gravi possono portare alla formazione di lesioni ulcerose della mucosa gastro-intestinale. Oltre ai disturbi gastro-intestinali, le controindicazioni maggiormente riscontrate con l’uso di farmaci antinfiammatori sono insufficienza al fegato o ai reni, allergie oppure disturbi legati alla gravidanza e all’allattamento del bambino. Per tale motivo è altamente sconsigliato un uso eccessivo e prolungato degli antinfiammatori. Essi agiscono in funzione antipiretica e in funzione analgesica per ridurre il dolore provocato da determinate patologie, quali mal di testa, mal di schiena, mal di denti e dolori mestruali. Inoltre agiscono anche contro le infiammazioni dei muscoli, dei tendini o le infiammazioni che insorgono a causa di malattie di natura reumatica come l’artrite reumatoide. I farmaci generalmente somministrati per un’azione antipiretica sono la nimesulide, l’aspirina, il ketoprofene e il piroxicam. Per limitare il rischio di provocare ulteriori disturbi nella salute del paziente a causa della somministrazione degli antinfiammatori, è opportuno sospenderne l’assunzione dopo 2-3 giorni e valutare se essi hanno agito efficacemente sulla patologia presente.

I FARMACI BETA BLOCCANTI

I beta bloccanti sono una categoria di farmaci la cui funzione è quella di bloccare i recettori beta presenti nel sistema nervoso simpatico. Essi agiscono principalmente nel sistema cardiovascolare con il fine di rallentare i battiti del cuore e in tal modo ridurre la frequenza delle aritmie, di migliorare la circolazione del sangue nel muscolo cardiaco, di ridurre la pressione arteriosa e di stabilizzare la membrana cellulare.

Essi vengono somministrati per diverse patologie soprattutto per quelle legate a problemi cardiovascolari. Ma trovano largo impiego anche come trattamento terapeutico per l’ipertensione, l’infarto e l’angina pectoris. Tuttavia è opportuno assumerli seguendo scrupolosamente la posologia indicata dal medico, poiché un utilizzo scorretto dei farmaci beta-bloccanti può portare anche ad ulteriori scompensi cardiaci e peggiorare in tal modo la sintomatologia riscontrata dal paziente piuttosto che curarla. Per alcuni farmaci beta-bloccanti è opportuno che la loro sospensione al termine del percorso curativo avvenga in maniera graduale, poiché è stato dimostrato che talvolta una interruzione repentina del farmaco può portare alla ipertensione di rimbalzo. In genere ai pazienti affetti dal diabete vengono somministrati: acebutolo, atenololo, betaxololo, nebivololo, bisoprololo e metoprololo. I farmaci generalmente utilizzati per evitare il rischio dell’insorgenza di brachicardia sono: celiprololo, acebutolo, oxenopronololo e pindololo. Tali farmaci non vanno utilizzati nei pazienti con scompensi cardiaci, asma bronchiale, ipotensione e in caso di trattamento terapeutico contro il diabete.

I GASTROPROTETTORI

I gastroprotettori vengono somministrati nella maggior parte dei casi ai soggetti affetti da patologie di natura reumatica. Essi infatti hanno la funzione di inibire la pompa protonica e di creare una barriera protettiva, una sorta di pellicola in grado di riparare lo stomaco dai danni arrecati da un uso a dosi elevate e prolungato di antinfiammatori. Essi sono indicati anche per i soggetti affetti da reflusso gastroesofageo. Tuttavia secondo alcuni studiosi un uso costante di questa categoria di farmaci contribuisce all’insorgenza di un tumore all’esofago, il cosiddetto esofago di Barrett, la cui formazione sarebbe strettamente legata al cambiamento subito dalla superficie esofagea. Tale ipotesi non è sostenuta, anzi è del tutto smentita da uno studio condotto in Inghilterra che ritiene esclusa tale controindicazione conseguente ad una somministrazione prolungata del gastroprotettore. Questa tipologia di farmaci si può dire che sia essenziale per coloro che fanno un uso costante di FANS, questi ultimi infatti alla lunga possono determinare la manifestazione di disturbi legati al tratto gastro-intestinale, che in alcuni casi di recrudescenza può sfociare in ulcera gastrica o duodenale oppure ancora in emorragia e provocare persino la morte del paziente. Per evitare di correre rischi del genere è altamente consigliato associare alla somministrazione dei FANS anche quella dei gastroprotettori, i quali agiscono principalmente a scopo preventivo. Tra i principali inibitori della pompa protonica ricordiamo l’omeoprazolo, il lansoprazolo, il pantoprazolo, il rabeprazolo, il misoprostolo, l’esomeprazolo.

GLI PSICOFARMACI

Gli psicofarmaci sono una categoria di medicinali che agiscono sul sistema nervoso centrale. Essi contengono le cosiddette sostanze psicotrope. Vi sono differenti tipologie di psicofarmaci: gli antidepressivi, gli ansiolitici, gli antipsicotici e gli antiepilettici. A seconda della patologia riscontrata nel paziente, la somministrazione degli psicofarmaci può condurre ad una guarigione totale o parziale del paziente. Nei casi in cui i disturbi mentali sono di natura recidivante o cronica l’effetto terapeutico del psicofarmaco avrà la funzione di attenuare alcune manifestazioni della patologia e rendere più semplice e tollerante al paziente la presenza della malattia.
Gli psicofarmaci possono portare ad effetti collaterali anche molto gravi. Per tale motivo è opportuno rispettare scrupolosamente la posologia indicata dal medico per l’assunzione del farmaco in modo tale da evitare la recrudescenza dei sintomi propri della patologia o il rischio di intossicazione da farmaco. La somministrazione di psicofarmaci in quantità eccessive può portare persino alla morte del paziente. Fanno parte della categoria degli ansiolitici le benzodiazepine, gli azapironi, le beta-carboline, le imidazopiridine ed i ciclopirroloni. Inoltre sono compresi tra gli ansiolitici i tranquillanti come il Valium, il Lexotan, lo Xanax ed il Tavor. Questa determinata categoria di farmaci ha una funzione sedativo-ipnotica e la loro assunzione aiuta ad alleviare gli stati di ansia e di angoscia tipici delle malattie che coinvolgono il sistema nervoso centrale, inoltre tali farmaci provocano confusione mentale con conseguente difficoltà nel concentrarsi, senso di torpore, astenia, pesantezza degli arti e persino difficoltà nel linguaggio. Per evitare i sintomi tipici dell’astinenza è opportuno allontanare gradualmente l’assunzione del sedativo-ipnotico. Infatti una interruzione brusca e repentina della terapia farmacologica rischia di apportare ulteriori problemi al paziente legati all’astinenza da farmaco. Gli antidepressivi invece hanno la funzione di migliorare l’umore del paziente depresso, stimolare il senso di appetito e attenuare gli stati d’ansia. Generalmente vengono somministrati i cosiddetti antidepressivi triciclici come il Tofranil, il Surmontil e l’Afranil. Tra gli antidepressivi non triciclici annoveriamo il Prozac, il Sereupin, il Seroxat, il Seropram ecc. Gli antipsicotici o neurolettici agiscono contro le allucinazioni e gli stati di delirio del paziente. Per cui hanno una efficacia superiore ai semplici sedativi e vengono generalmente somministrati ai pazienti con gravi patologie del sistema nervoso centrale come gli schizofrenici e gli individui psicotici. Tra i neurolettici generalmente utilizzati ricordiamo il Serenase, il Melleril, l’Haldol, il Moditen, l’Orap ecc.

I FARMACI ANTIBIOTICI

I farmaci cosiddetti “antibiotici” vengono utilizzati al fine di eliminare la presenza di batteri nell’organismo umano o comunque con lo scopo di ridurre la loro capacità proliferativa. I batteri infatti determinano l’insorgenza di infezioni più o meno gravi. Quindi esistono due tipologie di antibiotici: i batteriostatici e i battericidi. I primi vengono somministrati al fine di frenare la riproduzione batterica, mentre i secondi hanno la funzione specifica di distruggere i batteri. Esempi di antibiotici battericidi sono le penicilline e le cefalosporine. Si parla di resistenza batterica nel caso in cui i batteri presenti nell’organismo umano appartengono a ceppi più forti e resistenti in grado di contrastare e rendere nulla l’azione del farmaco. Alcuni batteri diventano più forti e resistenti anche conseguentemente ad un uso prolungato del farmaco che via via perde la sua efficacia. Un tipo di antibiotico utilizzato con molta frequenza è la penicillina, la quale fu scoperta nel 1929 da Alexander Fleming. Si tratta di una sostanza che trova origine in un fungo. Questa categoria di farmaci non ha alcuna efficacia nel caso di infezioni di natura virale. Essi agiscono esclusivamente contro i batteri e sono del tutto inutili in caso di funghi o virus. I farmaci antibiotici talvolta alterano l’equilibrio della flora intestinale, infatti gli effetti collaterali più frequenti sono nausea, mal di stomaco, diarrea ed eruzioni cutanee, reazioni allergiche che possono portare a difficoltà respiratorie. Al fine di non invalidare l’efficacia del farmaco antibiotico è opportuno rispettare con scrupolosità la posologia consigliata dal medico. Infatti il farmaco per agire deve comunque essere assunto per una serie di giorni con costanza. L’interruzione del farmaco precedente al tempo previsto può rendere inefficace la sua azione contro i batteri.

I FARMACI ANTISPASTICI

Gli antispastici hanno la funzione principale di scatenare una reazione nel corpo umano in grado di inibire la motilità della muscolatura liscia. Per cui questa categoria di farmaci agisce anche riducendo l’attività ghiandolare che secerne al di fuori dell’organismo. La somministrazione degli spasmolitici viene generalmente consigliata per favorire il processo di guarigione in caso di disturbi di origine gastro-intestinale, diarrea, dolori di natura colica o disturbi associati alle vie biliari, quali la presenza di calcoli renali. Gli antispastici tendono a rilassare la muscolatura liscia in stato di contrazione anche quella della vescica o dell’uretere. Generalmente gli spasmi sono determinati da una eccessiva eccitazione del sistema parasimpatico, il quale è in contrapposizione al sistema simpatico e il giusto equilibrio tra entrambi serve a mantenere bene e in uno stato equilibrato e stabile la tonicità della muscolatura liscia. In caso di disturbi di motilità legati al sistema parasimpatico gli spasmolitici da somministrare sono i parasimpaticolitici da soli oppure associati ai miolitici, la cui funzione è quella di agire efficacemente e tempestivamente sulla muscolatura liscia. Tra i rimedi naturali ha un effetto calmante e rilassante la melissa, la quale è particolarmente indicata per ottenere il rilassamento dell’intestino. Essa agisce riducendo gli spasmi e placando la contrazione della muscolatura liscia intestinale. L’azione spasmolitica può avere effetto seguendo due diverse modalità: l’azione diretta volta a bloccare le sezioni del sistema neurovegetativo e l’azione volta ad eccitare la frazione rilassante.

I FARMACI ANTIVIRALI

Gli antivirali appartengono alla categoria dei cosiddetti farmaci chemioterapici. Essi agiscono contro le patologie di natura infettiva la cui insorgenza è provocata da virus. Per alcune patologie infettive di origine virale è anche possibile agire a scopo preventivo mediante la somministrazione di specifici vaccini o sieri. Rientrano nella categoria dei farmaci con funzione chemioterapica e profilattica l’amantadina, la rimantidina, il metisazone e lo zanamivir.

Gli antivirali vengono frequentemente somministrati ai pazienti per combattere i sintomi influenzali. È anche possibile effettuare ogni anno la vaccinazione contro l’influenza e in tal modo prevenire il rischio di contrarre il virus influenzale. Generalmente i vaccini contro l’influenza vengono effettuati prima dell’arrivo dell’inverno e di conseguenza prima dell’arrivo dei virus tipici influenzali. La vaccinazione è consigliata soprattutto per i soggetti maggiormente a rischio, ad esempio per coloro che presentano delle patologie che abbassano le difese immunitarie e che sono maggiormente esposti al rischio di contagio. Affinché il farmaco antivirale sia efficace è opportuno assumerlo con una certa tempestività. Generalmente si consiglia di iniziare la cura non oltre due giorni dopo all’insorgenza dei sintomi propri della patologia. Inoltre un uso prolungato degli antivirali può rendere il virus particolarmente resistente e di conseguenza invalidare l’effetto terapeutico del farmaco. In alcuni casi l’attivazione del farmaco è determinata da enzimi cellulari prima che avvenga il processo inibitorio della replicazione virale. Vi sono differenti tipologie di antivirali: gli inibitori della proteasi, gli inibitori della neuroaminidasi, gli inibitori della trascrittasi inversa, analoghi dei nucleotidi e dei nucleosidi.

L’EFFETTO PLACEBO

Per effetto placebo si intende la somministrazione ad un paziente di un trattamento terapeutico totalmente privo di indicazioni farmacologiche specifiche o con una minima componente di natura farmacologica che funga da supporto psicologico per accelerare il processo di guarigione del soggetto.

Il significato del termine latino è “io piacerò”. Il placebo è una qualunque sostanza la cui efficacia rientri esclusivamente in una sfera psicologica. Nella maggior parte dei casi all’utilizzo del tutto innocuo e privo di controindicazioni del placebo viene associata una terapia farmacologica specifica per la patologia riscontrata nel paziente. Il fine principale che si cerca di ottenere aggiungendo alla vera e propria cura una sostanza neutrale è fornire un conforto al paziente e scatenare in esso una serie di reazioni positive volte ad agevolare il percorso terapeutico.
Affinché il placebo risulti efficiente e fornisca benefici, condizione base è che il paziente abbia uno stato emotivo positivo che lo porti ad essere fermamente convinto di guarire una volta sottopostosi alla terapia prevista dal medico. Per tale motivo il presupposto fondamentale affinché il placebo sia da sostegno e da conforto per il paziente è credere nella sua capacità di agire sui sintomi e ridurne gli effetti negativi. L’effetto placebo risulta particolarmente utile nel caso di malattie di natura psicosomatica in quanto attiva una reazione del sistema nervoso. Agendo in senso psicologico la malattia tende a scomparire qualora il paziente affetto si autoconvinca della efficacia del placebo e lo ritenga responsabile della scomparsa della patologia. Tuttavia il placebo non sortisce l’effetto desiderato solo ed esclusivamente per via della suggestione nel paziente, ma anche per la presenza di determinati fattori biologici e dell’innesco di componenti biochimiche che agiscono efficacemente nell’organismo, come ad esempio il rilascio di endorfine ed ormoni. Inoltre gioca un ruolo assai rilevante il rapporto che si instaura tra il paziente ed il medico che consiglia la somministrazione del placebo. Infatti solo se il paziente ha piena fiducia nelle capacità del medico potrà avere uno stato d’animo predisposto alla guarigione.