La ginecologia è la branca della medicina che ha come oggetto di studio la fisiologia e la patologia dell’apparato genitale femminile. Inoltre questa specialità medica si occupa delle problematiche legate alla sfera riproduttiva e alle tecniche di fecondazione assistita.

Il medico specializzato in ginecologia e ostetricia si prende cura della donna in tutte le fasce d’età, dalla pubertà al periodo fertile, fino alla menopausa e alla post-menopausa. Il suo lavoro è strettamente connesso a quello dell’ostetrico per tutto ciò che riguarda la gravidanza. Infatti, l’ostetricia è il settore della medicina che si occupa dell’assistenza alla donna durante la gravidanza, il parto e il puerperio, cioè il periodo di tempo necessario all’apparato genitale femminile per riprendere la sua normale funzionalità dopo la nascita di un figlio; esso si estende, generalmente, tra le due ore dopo il parto e la ricomparsa del ciclo mestruale. L’ostetricia studia le modificazioni che interessano il corpo femminile durante la gravidanza, il travaglio, il parto e il puerperio. Inoltre si occupa di tutte le patologie che possono insorgere sia a carico della madre, sia a carico del sistema feto-placentare.

CENNI STORICI

Secondo lo storico svizzero Bachofen durante tutto il periodo della preistoria la maternità era intesa come fattore determinante nella società. Presumibilmente nell’antichità la donna lasciava che il parto procedesse secondo il suo verso naturale, cercando di mettersi in sintonia con gli avvenimenti ciclici, come le mestruazioni e, per questo motivo, vivendo una condizione probabilmente migliore rispetto a quella che si è trovata a fronteggiare in epoche più recenti.
Esistono, però, alcuni indizi dell’esistenza già in periodi antichi di una medicina naturale che si sarebbe occupata del parto: nell’Europa paleolitica, nel Vicino Oriente, in Africa, Asia, America Centrale e Meridionale e presso le civiltà di Sumeri, Assiri e Babilonesi il tema madre-figlio occupava una posizione centrale e la vita era dominata da divinità materne. Probabilmente questa forma di medicina era nelle mani delle donne, soprattutto per quanto riguarda la cura della donna stessa; questa tendenza a non affidare la risoluzione di problemi femminili agli uomini è stata mantenuta a lungo, tanto da consentire la possibilità per le donne di studiare per la prima volta medicina presso l’università islamica di Salamanca.
E’ possibile che in epoca preistorica esistessero le levatrici. Nel corso dei secoli e molto prima della comparsa della figura del ginecologo vi furono forti contrasti tra queste figure e medici, che spesso terminarono con la condanna delle donne da parte di tribunali dell’Inquisizione, accusate di stregoneria per la loro conoscenza dei rimedi basati sull’utilizzo delle erbe.
E’, invece, sicuro che nell’antichità gli uomini erano raramente presenti al momento del parto, che avveniva in presenza di donne e davanti al fuoco sacro o nella stanza che si poteva riscaldare più facilmente. Presto sorsero strutture che possono essere considerate le antecedenti delle cliniche specializzate in ostetricia, sia in Egitto, all’interno di templi, sia in popolazioni più arcaiche. I dolori venivano leniti somministrando bevande a base di erbe.
Tuttavia, già in tempi molto remoti si assiste alla svalutazione della femminilità: erano necessari accurati lavaggi per liberarsi delle impurità causate del parto o dalle mestruazioni e, a volte, gli abiti della partoriente dovevano essere bruciati. Anche chi toccava una donna che stava partorendo era considerato impuro e le puerpere erano escluse per settimane dalla visita del tempio.
Nelle prime grandi civiltà le donne erano assistite al parto solamente dalle dee: Haket per gli Egizi, Era e Artemide per i Greci. I Sumeri avevano una conoscenza fondamentale, seppur minima, del parto, basata sullo studi degli astri; queste scarse conoscenze mediche passarono ai Babilonesi e agli Assiri e, grazie ad Alessandro Magno, in Europa, dove andarono presto perdute.
Solo l’invasione araba della Spagna riportò tali nozioni nel vecchio continente, ma ancora nel Medioevo non esistevano ginecologi e fino al XIX secolo un bambino su quattro non sopravviveva al parto, così come molte donne ne morivano tra atroci sofferenze. I primi medici, infatti, non avevano nulla a che fare con le nascite, anzi, era loro vietato l’ingresso nel luogo del parto. Anche le levatrici erano poche e solo nel XV secolo si tentò di stabilizzare delle norme legali per regolare la loro attività, senza che, però, questo abbia migliorato la loro situazione. Veniva praticato anche il taglio cesareo, ma senza buoni risultati e ogni parto rappresentava un pericolo di morte.
All’inizio del XVI secolo alcuni medici, pur non praticando l’ostetricia, iniziarono a scrivere libri sull’argomento, come Sui segreti delle femmine di Albertus Magnus. Anche alcune famose levatrici, come Louise Bourgois e Justine Siegmund, nota per la sua doppia manovra per girare il bambino, misero per iscritto le loro conoscenze, ma trovando sempre una forte opposizione da parte dei medici, che conquistarono un enorme prestigio verso la fine del XVII secolo, grazie a Ludovico XIV, che affidò a un famoso chirurgo l’assistenza al parto della sua amante.
Un reale progresso fu osservato con l’invenzione del forcipe da parto, il cui uso si diffuse apparentemente nel XVII secolo. Da questo momento si iniziò a parlare di una vera e propria ostetricia medica e i contrasti tra dottori e levatrici iniziarono ad essere messi da parte. Venne fondata a Magonza la prima scuola per ostetriche.
Nel XIX secolo molti ambulatori ostetrici promossero scuole di questo tipo, ma la mortalità delle madri rimase elevata. Solo l’introduzione di importanti norme igieniche da parte di Lister permise un miglioramento della situazione; anche i parti cesarei divennero più sicuri, grazie all’utilizzo dell’anestesia e di buone tecniche di ricucitura dell’utero.
I primi ginecologi che si occuparono della cura delle donne erano chirurghi che iniziarono a estendere le operazioni anche agli organi femminili; l’ostetricia passò dalle mani delle levatrici a quelle degli uomini, ma solo tra il XVII al XVIII secolo i primi medici generici iniziarono ad assistere ai parti, in cui venne sempre più utilizzato il forcipe. Nel 1900 lo sviluppo delle tecniche operatorie e dell’anestesia esclusero definitivamente le levatrici dall’assistenza al parto. La prima casa di accoglienza per le gestanti risale agli anni ’30 e fu fondata a Strabing, nella bassa Baviera, dove, comunque, fino al 1975 l’ostetricia si svolgeva al di fuori delle cliniche ospedaliere.
In ogni caso per lungo tempo l’unico interesse da parte dei medici in questo campo era l’utero, piuttosto che la donna nel suo insieme. In Grecia, Ippocrate pensava che l’utero, muovendosi, potesse causare malesseri alla testa, mentre altri medici gli imputarono la capacità di premere sullo stomaco, di restringere il fegato o, perfino, di aggrapparsi al cuore; poteva ostruire la gola, provocare crampi, bloccare i sensi e stringere il petto. Questi disturbi furono definiti isterici, dal greco hystera, che significa utero. Lo sviluppo delle conoscenze anatomiche fece decadere l’idea dell’utero vagante, ma rimase in uso il termine isterismo.
Un altro concetto ampiamente diffuso nell’antichità era l’incapacità delle donne di produrre il germe della vita, tanto da arrivare a proiettare nello sperma idee miracolose, come ad esempio, che contenesse già un uomo minuscolo completamente preformato. Anche Aristotele sostenne questa teoria, arrivando a considerare le donne inferiori rispetto all’uomo.
La storia della ginecologia ricevette nuovi impulsi dalla scoperta del follicolo da parte di Graaf (XVII secolo); l’utero perse la sua centralità e l’attenzione si spostò sullo studio delle ovaie. Secondo il patologo cellulare Rudolf Virchow togliendo le ovaie la donna diviene brutta e mascolina, con i baffi, voce roca, indole egoista e invidiosa e giudizio distorto (1848). Ciò portò a una rivalutazione del ruolo della donna nella riproduzione, fino alla scoperta degli spermatozoi, che furono subito considerati i garanti della nuova vita. Fu Harvey, scopritore, tra l’altro, della circolazione sanguigna, a porre definitivamente termine a quest’idea.
Appena scoperte, l’asportazione delle ovaie divenne una delle operazioni ginecologiche più frequenti, sulla base di una presunta isteria. Di conseguenza furono effettuati i primi trapianti di ovaie e le prime somministrazioni di concentrati ricavati dalle stesse; vennero, così, gettate le basi dell’endocrinologia moderna e delle terapie ormonali. La conoscenza degli ormoni spianò il terreno all’ulteriore comprensione degli eventi del ciclo mestruale; il ginecologo viennese Knaus e il giapponese Ogino scoprirono che per ogni ciclo solo un uovo arriva a piena maturazione, lasciando l’ovaia a metà del ciclo stesso. La ginecologia iniziò a svilupparsi rapidamente e furono perfezionate le conoscenze riguardanti le mestruazioni, le loro anomalie e i disturbi ad esse associati. Infine, le scoperte riguardanti l’ipofisi e l’ipotalamo permisero la comprensione dell’influenza degli stati emotivi sul ciclo.
Purtroppo nel corso della storia della ginecologia gli errori del trattamento sono spesso stati riconosciuti solo dopo che sono state sviluppate nuove forme di cura. Il caso delle numerose isterectomie ricorda quello dell’asportazione delle ovaie in passato. Sono stati necessari decenni di studi e pratica perché le donne non fossero più considerate delle malate immaginarie.

PRESENZA IN ITALIA ED EFFICACIA SULLA POPOLAZIONE

La ginecologia italiana si pone all’avanguardia nella ricerca scientifica in campo ostetrico e ginecologico. I settori in cui si concentrano i maggiori studi sono l’oncologia, la fecondazione assistita e la medicina perinatale; tra questi il Progetto Menopausa Italia, nato dalla constatazione della scarsa sensibilizzazione di donne e medici riguardo alla menopausa da parte del Sistema Sanitario Nazionale, ha suscitato un grande interesse sia nel nostro Paese, sia all’estero.
Tuttavia, il settore clinico  presenta alcune lacune. Secondo i dati emersi dal I Congresso della Federazione italiana di ostetricia e ginecologia (Fiog), la realtà riguardo all’assistenza ai parti negli ospedali e nelle cliniche italiane è diversa a seconda dell’area considerata: nel Nord del Paese le strutture sono più adeguate che ne Meridione e il 10% dei parti è ad altissimo rischio per la mamma o il bambino. Molti centri sono impreparati all’evento e l’opinione degli esperti è che il problema stia nella formazione degli operatori; infatti nelle grandi strutture è più facile trovare professionalità in grado di affrontare le emergenze che si possono verificare durante il parto. In quegli ospedali o cliniche in cui il numero di nascite annuali è minore manca, in genere, il terzo livello neonatologico, che permetterebbe l’assistenza tempestiva e corretta a quei neonati che soffrono di una particolare patologia. D’altra parte, in Italia sono presenti delle strutture nettamente all’avanguardia nel campo, localizzate soprattutto al Centro-Nord. Non mancano ospedali eccellenti anche al Sud, dove, però, è quasi sempre assente il terzo livello.
Purtroppo al momento i finanziamenti in questo senso sono scarsi e, quindi, sarebbe meglio scegliere con cura l’ospedale in cui partorire.
L’Associazione degli Ostetrici e Ginecologi Italiani (AOGOI) riunisce più di 5000 operatori nel campo della ginecologia italiana. Oltre a costituire un punto di riferimento per i medici specialistici, questa associazione è costantemente impegnata sul fronte della ricerca scientifica, tanto che nel 1998 è nata la Fondazione Confalonieri –Ragonese, che è diventata scientifica e delle scuole permanenti dei vari settori della disciplina. Inoltre, dal 1986 l’AOGOI controlla il progetto editoriale Rivista di Ostetricia, Ginecologia pratica e Medicina perinatale, affiancata dal Bollettino mensile GinecoAOGOI.
Molto spesso, però, il medico ginecologo cui si rivolgono le donne italiane lavora presso studi privati. Nel nostro Paese sono alcune migliaia i ginecologi che svolgono la loro attività in questo modo ed esiste anche un’associazione di categoria l’A.G.E.O. (Associazione ginecologi Extra Ospedalieri), che si rivolge a ginecologi che lavorano al di fuori delle strutture ospedaliere o universitarie, ma alla quale possono iscriversi anche i medici ospedalieri e universitari per partecipare alle diverse iniziative promosse nel corso dell’anno. A.G.E.O. fornisce un aggiornamento costante organizzando in tutta Italia simposi e congressi sui temi più attuali della ginecologia e dell’ostetricia. Inoltre, coordina la verifica scientifica dell’attività svolta dai ginecologi extra ospedalieri, in un’ottica di coerenza con la situazione nel settore nella Comunità Europea.
Gli ospedali e i centri che si occupano di ginecologia e ostetricia sono molti e sparsi in tutto il territorio italiano; inoltre, nelle diverse università del nostro Paese sono presenti istituti specializzati nei diversi campi della disciplina.

SCUOLE DI FORMAZIONE, UNIVERSITA´ E CORSI DI AGGIORNAMENTO

Il percorso formativo del medico ginecologo prevede, dopo la laurea in Medicina e Chirurgia, conseguibile presso le università di Ancona, Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Foggia, Genova, L’Aquila, Messina, Milano (Università degli Studi, Milano-Bicocca, Cattolica, Vita Salute San Raffaele), Modena e Reggio Emilia, Napoli (Federico II e Seconda Università degli Studi), Novara, Palermo, Padova, Parma, Pavia, Perugia, Pisa, Roma (La Sapienza, Tor Vergata, Campus Biomedico), Sassari, Siena, Torino, Trieste, Udine, Varese e Como e Verona, la frequenza della Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia. Nell’anno accademico 2007/2008 questa è stata attivata presso gli Atenei di Ancona,  Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti, Ferrara, Firenze, Foggia, Genova, L’Aquila, Messina, Milano (Università degli Studi, Milano-Bicocca, Cattolica, Vita Salute San Raffaele), Modena, Napoli (Federico II e Seconda Università degli Studi), Novara, Padova, Palermo,  Parma, Pavia, Perugia, Pisa, Roma (La Sapienza, Tor Vergata, Campus Biomedico), Sassari, Siena, Torino, Trieste, Udine, Varese e Verona.
Per quanto riguarda Corsi di Dottorato di Ricerca, Master e altri corsi di perfezionamento post laurea si rimanda alle pagine web dei singoli atenei, in quanto l’offerta formativa è molto variabile di anno in anno.

TRATTATO DESCRITTIVO

La pratica ambulatoriale ginecologica ha a che vedere con i problemi più disparati, che spaziano dall’ambito della fisiologia femminile a quello dell’oncologia.

La fisiologia del ciclo mestruale

I fenomeni ciclici che caratterizzano la fisiologia della donna sono controllati dalle ghiandole endocrine. Esse sono responsabili della produzione degli ormoni, molecole che regolano la funzione di diversi organi. In particolare, le ghiandole endocrine che controllano il ciclo mestruale sono le ovaie, l’ipofisi e l’ipotalamo; quest’ultimo produce le gonadotropine (FSH e LH), che agiscono a livello delle ovaie, che sotto l’effetto di questi ormoni producono gli estrogeni e il progesterone, ossia gli ormoni sessuali femminili veri e propri, che hanno come fine biologico la riproduzione. I giorni del ciclo mestruale vengono contati dal primo giorno della mestruazione fino all’ultimo giorno prima della successiva; la sua durata varia da donna a donna tra i 25 e i 35 giorni. La produzione di estrogeni inizia al primo giorno, in modo da consentire la ricrescita della mucosa uterina (endometrio) dopo la mestruazione e promuove la crescita nelle ovaie di 15-20 follicoli, uno dei quali (follicolo dominate) libererà l’ovulo ne corso dell’ovulazione. Questa avviene tra l’undicesimo e il ventunesimo giorno del ciclo e, in seguito ad essa, il follicolo dominante si trasforma in corpo luteo, che produrrà estrogeni e progesterone.
In caso di fecondazione, questi ormoni saranno necessari per sostenere l’utero e i primi tre mesi di gravidanza. Se l’ovulo non viene fecondato il corpo luteo regredisce spontaneamente in 14 giorni; in questo il livello dei due ormoni cala drasticamente, determinando l’inizio di una nuova mestruazione.
Il periodo precedente all’ovulazione è chiamato prima fase del ciclo o fase follicolare, mentre il periodo successivo è la seconda fase del ciclo o fase luteale o, ancora, fase secretiva, perché prevede l’attività delle ghiandole presenti nell’endometrio, che creano un ambiente idoneo all’eventuale impianto di embrione. La mestruazione è, infine, la fase del ciclo in cui l’endometrio si sfalda.
Nell’ambito dei disturbi del ciclo è essenziale verificare se l’ovulazione avviene o meno. Le variazioni che possono presentarsi sono:
anomalie della frequenza: oligomenorrea (cicli che ritardano, intervallo superiore a 35 giorni), polimenorrea (cicli che anticipano, intervallo inferiore ai 25 giorni), amenorrea (assenza di mestruazioni per almeno tre mesi). Le cause di oligomenorrea e polimenorrea sono, in genere, ormonali e legate all’assenza di ovulazione; possono essere policistosi ovarica o la premenopausa. L’amenorrea può essere dovuta a gravi malattie debilitanti, come anche tumori che interessino l’ipotalamo o l’ipofisi; tuttavia questi sono casi molto rari. Nella maggior parte delle situazioni è dovuta ad una disfunzione indipendente da gravi patologie e non richiede l’assunzione di una terapia ormonale. L’amenorrea primaria riguarda le ragazze che stanno giungendo alla maggiore età senza avere ancora avuto la prima mestruazione; sono questi i casi della pubertà ritardata o delle malformazioni congenite degli organi genitali. L’amenorrea secondaria è, invece, causata da alterazioni anatomiche cerebrali o ipotalamiche conseguenti a traumi, interventi chirurgici, encefaliti o radioterapia, oppure da droghe, farmaci o sospensione dell’assunzione della pillola. Inoltre, anche stress, esercizio fisico intenso, anoressia, bulimia, sindrome dell’ovaio policistico,  menopausa precoce, alterazioni dell’ipofisi e endometriti possono portare a questo tipo di disturbi.
anomalie di quantità e durata: ipomenorrea (mestruazioni scarse), ipermenorrea (mestruazioni abbondanti), menorragia (mestruazione troppo lunga, durata superiore ai 7 giorni). La scarsità e la brevità della mestruazione non sono correlate a patologie quando il ritmo mestruale è, comunque, normale; i rari casi patologici sono spesso causati da endometriti. Inoltre, anche l’assunzione della pillola contraccettiva può influenzare l’abbondanza delle mestruazioni.
anomalie di prestazione: metrorragia (perdita anormale inaspettata), menometrorragie (perdite inaspettate intermestruali combinate a mestruazioni lunghe). Hanno sempre una base patologica: fibromi, polipi, cancinomi del collo o del corpo dell’utero, utilizzo della spirale, difetti della coagulazione, ipotiroidismo, iperprolattinemia, obesità, utilizzo di farmaci (antidepressivi, antipsicotici, ormoni, incluse le pillole a basso dosaggio estrogenico). Le cosiddette menometrorragie disfunzionali possono essere anche sintomo di assenza di ovulazione. Infine, è possibile che si verifichino metrorragie della gravidanza, causate da minacce d’aborto, aborto in atto e problemi alla placenta.

La contraccezione

La scelta del metodo contraccettivo dipende dall’età, da eventuali gravidanze e parti precedenti, caratteristiche psicosessuali e psicosociali, stile di vita (come il tabagismo e la sedentarietà) ed eventuali malattie croniche o acute in corso. Non esiste, però, un metodo che sia allo stesso tempo efficace, sicuro, comodo e semplice. In generale, i metodi contraccettivi più efficaci (pillola e spirale) sono quelli che danno più effetti collaterali.
I contraccettivi ormonali possono agire bloccando l’ovulazione, alterando la motilità delle tube, modificando il muco cervicale, che viene reso meno penetrabile agli spermatozoi o variando l’ambiente uterino, impedendo l’impianto dell’embrione. Sono costituiti da un estrogeno (etinilestradiolo) associato a un progestinico e si presentano sotto forma di pillola, cerotto, anello vaginale o impianti sottocutanei; questi ultimi non sono diffusi in Italia, come anche la pillola contenente solo progestinico, poco prescritta.
La cosiddetta pillola del giorno dopo ha, invece, una funzione prevalentemente abortiva, perché in genere agisce a fecondazione già avvenuta; deve essere assunta entro 72 ore da un rapporto sessuale non protetto.
Questo tipo di contraccezione ha un’efficacia quasi assoluta, ma ha controindicazioni (fra le quali ci sono patologie come tumori, emicrania, ipertensione, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, diabete, obesità, malattie del fegato o tabagismo) ed effetti collaterali (cefalea o emicrania, ritenzione idrica, senso di tensione mammaria, irregolarità mestruali, complicanze vascolari). Tuttavia, l’introduzione di pillole a basso dosaggio estrogenico e contenenti progestinici a ridotto effetto androginico ha diminuito il peso di alcune controindicazioni e di certi effetti collaterali. Inoltre questi contraccettivi mostrano anche dei vantaggi, alleviando la dismenorrea, cioè il dolore mestruale e riducendo il rischio di tumori ovarici e dell’endometrio.
La spirale, o dispositivo contraccettivo intrauterino (IUD, Intra-Uterine Device), è un dispositivo di plastica con l’aggiunta di rame o di un progestinico. Modificando la mucosa uterina viene impedito l’annidamento dell’embrione. L’efficacia è alta, ma inferiore a quella dei contraccettivi orali e, inoltre, le controindicazioni e i possibili effetti collaterali sono maggiori rispetto al caso della pillola. In particolare, la spirale non è indicata a donne che non abbiano avuto figli, soprattutto se giovani ed è possibile che causi menorragie e meno metrorragie. Nel caso, invece, di donne in premenopausa, l’utilizzo dello IUD abbinato a progestinico può avere un effetto curativo. Una volta inserita, la spirale garantisce l’efficaci contraccettiva per almeno  cinque anni.
Si definiscono, invece, metodi di barriera il profilattico e il diaframma; quest’ultimo è poco diffuso in Italia. In genere non presentano controindicazioni, ma hanno un’efficacia variabile e inferiore rispetto ai contraccettivi orali e alla spirale. Il profilattico è, però l’unico metodo che può conferire una protezione contro le malattie sessualmente trasmissibili.
Infine, i metodi naturali sono quelli basati sulla consapevolezza dei periodi fertili e non fertili del ciclo mestruale. Prevedono di combinare le informazioni derivanti dal calendario (metodo Ogino-Knaus) con quelle ottenibili dall’osservazione del muco cervicale (metodo Billings) e dalla misurazione della temperatura basale e prendono il nome di metodo sintotermico.

La menopausa

La definizione corretta di menopausa è quella di ultima mestruazione naturale della donna, mentre il periodo successivo ad essa postmenopausa. La maggioranza delle donne ha l’ultima mestruazione tra i 48 e i 52 anni e per le pazienti che hanno avuto la menopausa al di sotto dei 40 anni si parla di menopausa precoce. Il periodo che dai 42 ai 54 anni è detto climaterio e comprende la premenopausa, la menopausa e la postmenopausa iniziale.
La maggior parte delle donne presenta delle irregolarità mestruali di entità variabile che possono precedere la menopausa anche di alcuni anni; è questa la premenpausa, caratterizzata da vampate di calore, sudorazioni notturne e irregolarità del ciclo mestruale (oligomenorrea).
Dopo l’ultima mestruazione l’esaurimento della funzione ovarica diventa sempre più rilevante, a causa di una diminuzione dei livelli di estradiolo e un aumento della presenza dell’ormone ipofisiario FSH. Si hanno, inoltre, le cosiddette vampate, cioè sensazioni di calore crescente al torace e al volto accompagnate da sudorazione e seguite da una sensazione di raffreddamento con eventuali brividi; questo fenomeno, di notte, può peggiorare eventuali problemi di insonnia. Alla base di tale disturbo vi è la carenza di estrogeni, che ha delle conseguenze anche a livello del centro della termoregolazione presente nell’ipotalamo, alla base del cervello. La sua entità è variabile; è curioso notare che vi è una differenza etnica nel percepire le vampate di calore: nella popolazione giapponese il fenomeno è praticamente sconosciuto.
Durante la postmenopausa alcune donne soffrono di instabilità dell’umore, caratterizzato da depressione e irritabilità molto variabili da una persona all’altra; sicuramente la possibilità che questi fenomeni si manifestino e la loro intensità dipendono dalla personalità e dal carattere dimostrati dalla donna nel corso della vita. Un fenomeno che, invece, è piuttosto frequente in questa fase sono le modificazioni cutanee e mucosa: riduzione della lubrificazione vaginale, pelle poco elastica e più secca e capelli più sottili e più fragili. La maggiore secchezza delle mucose riguarda anche le regioni orale e nasale, la vescica urinaria, l’uretra e il retto; ciò può favorire l’insorgenza di cistiti recidivanti e contribuire alla prima comparsa o al peggioramento dell’incontinenza urinaria.
La diminuzione del livello di estrogeni ha effetti anche sulla progressione delle lesioni arteriosclerotiche, che, normalmente, è limitata da questi ormoni. Infine, gli estrogeni ovarici, fino alla menopausa, hanno il ruolo di promuovere la mineralizzazione ossea e di impedirne il riassorbimento; ciò implica che in  postmenopausa possano insorgere più facilmente problemi di osteoporosi. La conseguente demineralizzazione delle ossa comporta un elevato rischio di fratture spontanee.
Per contrastare i problemi che possono insorgere nel corso del climaterio è possibile curare lo stile di vita, in quanto a regime alimentare, esercizio fisico e correzione di cattive abitudini; in alcuni casi è possibile assumere appropriati farmaci. Inoltre, è importante effettuare controlli specialistici periodici. L’obiettivo finale è il miglioramento della qualità di vita della donna.
Per quanto riguarda più nello specifico i farmaci che possono curare i disturbi correlati alla menopausa esistono fra gli altri rimedi, vere e proprie terapie ormonali sostitutive, sotto forma di cerotti o formulazioni per l’assunzione orale, farmaci ad attività simile a quella degli ormoni o a base di ormoni vegetali (fitoestrogeni della soia), umettanti vaginali, integratori di calcio e vitamina D per contrastare i problemi associati all’osteoporosi, farmaci e fitoterapici per l’ipertensione, per il colesterolo e i trigliceridi e per l’incontinenza.

Le infezioni vaginali

Le infezioni vaginali (o vaginiti) sono infiammazioni della vagina cha a volte si estendono anche alle cervice uterina. I loro sintomi sono perdite vaginali, prurito, bruciore e disparemia (dolore nei rapporti sessuali) e sono causate da diversi microrganismi patogeni.

La flora microbica che colonizza la mucosa vaginale comprende: il Lactobacillus acisophilus, i difteroidi, lo Staphylococcus epidermidis, diverse specie di streptococco, Escherichia coli, vari batteri anaerobi e il fungo Candida albicans, presente nel 25% delle donne che non presentano alcun sintomo di infezione. Lo sviluppo di un’infiammazione dipende dall’equilibrio fisiologico tra tutti i microrganismi presenti.